Omelie

Omelia di don Attilio del 23 aprile 2023 - Terza di Pasqua

“Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro”. 

La strada che porta a Emmaus è molto frequentata. Lo è stata nel passato, lo è nel presente, e certamente lo sarà nel futuro. È la strada che intraprendiamo quando il dolore tocca la nostra esistenza. È la strada che esprime il dolore che si abbatte su noi per la perdita, la morte, il distacco di qualcuno che ci è caro più della vita. “Noi speravamo…” Camminare verso Emmaus è fuggire. Fuggire, nell’illusione di poter dimenticare, ricominciare.

Il Risorto, colui che ha compassione di noi al punto tale da accogliere la morte di croce per salvarci, non accetta che la nostra vita vada alla deriva, che gli occhi e il cuore siano chiusi all’amore. Così si affianca a noi, e come una mamma fa con il suo bambino, ci racconta la storia d’amore che Dio ha intrecciato per noi. È amore tutto quello che è accaduto, ci dice spiegandoci le scritture, è amore anche se i nostri occhi vedono il dramma e il cuore è preso dal dolore.

Non capiscono i discepoli, e non capiamo noi, ma quel racconto riscalda il cuore, come un raggio di sole a primavera. È il primo passo verso la gioia. Quel raggio di sole è vita. Non vogliamo che  si spenga. Quel raggio di sole è filo di speranza resistente e forte, forte come l’amore che solo il Signore è capace di donare. Resta con noi perché si fa sera, perché il buio ci fa paura.

Colui che alle volte noi riteniamo forestiero e lontano, si siede alla nostra tavola e compie l’unico gesto capace di aprire i nostri occhi e di donare al nostro cuore la gioia. Spezza il Pane per noi. Ci dona se stesso. Sì, l’Eucarestia apre i nostri occhi e il nostro cuore e ci spinge a fare altrettanto, a vivere con lo stesso amore. Spezzare il pane con lui e per i nostri fratelli è la sola cosa che ci mette nella comunione. 

don Attilio Zanderigo