Omelie
Omelia di don Attilio del 20 marzo 2022 - Quaresima III
«Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò”. Il Signore è come il padrone di quel terreno che sa pazientare anche se il fico è sterile, anche se si aspetta un abbondante raccolto e non trova nulla. Invece di tagliare il fico e di piantarne un altro, come faremmo noi, gli zappa intorno e lo concima, sperando che porti frutto.
Il Signore ha pazienza, è ottimista, spera sempre che riusciamo a cambiare, a dare il meglio di noi, a portare frutti.
La quaresima ci è donata per guardare onestamente a noi stessi, per vedere se i frutti che produciamo sono gustosi o acerbi. Per vedere se l'attenzione che Dio rivolge nei nostri confronti ci fa crescere rigogliosi o se, piuttosto, rischiamo di richiuderci in noi stessi, nutrendoci della linfa solo per vegetare.
Il Signore desidera che ci sia in noi il desiderio di essere persone che sanno dare il meglio di se. Ma lo riusciamo a fare solo se, come dicevamo domenica scorsa, il nostro sguardo si apre oltre il quotidiano.
Anche il dolore, allora, può essere letto in una prospettiva diversa. Nonostante la sofferenza, il Dio che Gesù è venuto a raccontare è buono. E ha un solo desiderio: che diamo il meglio di noi stessi.
Allora la sofferenza che sperimentiamo può aiutarci a migliorare il mondo, partendo da me stesso.
Don Attilio Zanderigo