Omelie
Omelia del 14 settembre 2014 - Domenica XXIV per Anno (A)
Non sempre è facile cogliere un messaggio unico dalle tre letture, tra loro distante secoli. Questa volta una parola-chiave le unisce c’è ed è la parola ‘dolore’. Le unisce, ma non le identifica.
Il grido di dolore pervade la prima lettura, tratta del libro dei Numeri, uno dei cinque attribuiti a Mosè. E’ l’intero accampamento che grida contro Dio e contro Mosè: “Perché ci avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto?”.
E’ il grido che sentiamo rinnovarsi in certi periodi della storia di ogni popolo, anche di ogni singola persona. Chi, nel presente, non ha momenti in cui pensa di essere il più infelice degli esseri viventi? Chi, nel momento della prova, non pensato che il presente sia il peggiore dei tempi, per cui, quasi spontaneo, ci sfugge quel grido:“Perché?”
Israele non seppe capire e pagare il prezzo della liberazione dalla secolare schiavitù subita e sopportata per secoli. Rimpiangere ed idolatrare il passato come un paradiso! Il comportamento di Israele, è lo specchio di quello che, prima o dopo, può succedere a tutti: davanti ad un difficile presente.
Sì, il presente è per sua natura un cammino creativo. Certo! Ogni cammino, dopo l’euforia della partenza, diventa fatica, che può suscitare critica e ribellione. Come gli Israeliti, anche noi, per un insuccesso, un disguido, una prova, una disgrazia, puntiamo il dito contro chi sta sopra di noi, Dio compreso, e gridiamo: “Perché? Torniamo indietro!”.
Il popolo va da Mosè e Mosè sale sul Sinai. Dio, con severo realismo, indica la terra promessa, quale meta da raggiungere, passando, però, attraverso la croce. E’ una costante nella storia: davanti ad un presente difficile, con una memoria corta si esalta il passat , rinunciando al futuro.
Dio è il SEMPRE. Il nostro futuro è in quel presente. Per farci approdare vincitori al futuro, Dio ci ha inviato suo Figlio, che ha condiviso il nostro difficile ‘presente’. Possiamo dissetarci alla sorgente che sgorga perenne dal suo cuore trafitto a morte dalla lancia del nostro peccato, per donare a noi se stesso, la vita nuova ed immortale. Lo disse Gesù: “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché, chiunque crede in lui abbia la vita eterna”, ma noi facciamo i finti sordi.
Cos’è, dunque, l’attimo presente di fronte all’eternità? Né dimentichiamo il prezzo che Gesù ha liberamente pagato per riscattarci dalla morte. Dice di Lui Paolo apostolo: “Gesù…non ritenne un privilegio l’essere come Dio. Svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, diventando simile agli uomini. Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte ed alla morte di Croce. Per questo Dio lo esaltò”.
Siamo nella prova? Cosa fare? Tornare indietro? No!. Imprecare sull’oggi? No!, Gesù c’è. Il nostro presente è prezioso. Andiamo avanti con Lui . Se stanchi, Maria è pronta ad accoglierci sulle sue ginocchia.
don Rinaldo Sommacal