Omelie
Omelia del 17 agosto 2014 - Domenica XX per Anno (A)
Il vangelo racconta un Gesù dal comportamento e dal linguaggio misteriosi, provocatori, quasi scandalosi.
Il racconto, nella sua prima parte, vede una donna, per di più pagana, che, con il coraggio di una mamma ferita, affronta senza mezze misure Gesù e gli chiede quello che ogni vera mamma chiederebbe per un figlio malato. Sua figlia ha la peggiore delle malattie. Non è una malattia del corpo, ma della sua identità. “Da molto è tormentata da un demonio”, dice la donna a Gesù, senza tema di smentite, perché è la verità. E Gesù? “Non le rivolge neppure una parola”. I discepoli, infastiditi dalle grida della donna, ma anche dal comportamento enigmatico del Maestro, dicono a Gesù: “Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando”.
Questa, del racconto evangelico, é la prima parte. Non nego che, leggendolo, rileggendolo, e cercando di spezzarlo per voi e con voi, di istinto mi sento più solidale con la donna e con i discepoli che non con Gesù. Come mai Gesù, sempre tenero con i deboli e generoso con i malati, con questa donna e madre disperata si comporta con freddezza ed ostilità? Sembrerebbe che Gesù volesse scacciare di brutto la Cananea, dicendole che ben altre sono le sue pecorelle da pascolare e da guarire, se ferite.
Ma, più mi ostino su questa ossessione e più rivedo me stesso ed il mio modo giornaliero di fare. Molti vengono e gridano i loro presunti, ma non provati bisogni, per lo più economici. Sfoderano la spada della ostinazione. Senza provare la verità di quanto dicono, rivendicano il diritto di chiedere ed ottenere per il solo fatto che calpestano lo stesso suolo che calpesto io, solo per il fatto che io per loro rappresento quel Gesù che vado predicando e che Papa Francesco continua ad indicare come il modello operativo della Chiesa.
Davanti a questa ambiguità, con il primo Gesù non posso ciecamente dire di sì, ad una richiesta che potrebbe essere una clamorosa bugia, ma anche una vera necessità. A questo punto, mi chiedo: “Qual’ è la strada gusta che mi porta a riflettere, per decidere se dare o negare? Interviene il secondo Gesù, che ci dà un segno fortissimo di come intendere la carità. Prima dice alla donna: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. Mi insegna che la carità chiede gradualità e verità.
La donna del vangelo, con l’umiltà e la fede, degna di una mamma vera e sincera, risponde a Gesù quello che Gesù vuole sentire, per arrivare ad insegnare a noi cosa dobbiamo, non solo dire, ma anche fare o non fare.
Alla mamma che lo sfidò nel suo terreno, dicendo: “E’ vero Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”, Gesù, non più il Gesù della prima parte del racconto, con la voce ferma del maestro, ma commossa, di fronte a tanta fede sincera, le disse: “Donna, grande è la tua fede. Avvenga per te come desideri”. Conclusione: i bisogni, una volta verificati, vanno aiutati. Ma chi fabbrica bisogni bugiardi, offende inquina la carità. Non va aiutato, ma severamente corretto. Non foraggiare le bugie diventate professione.
don Rinaldo Sommacal