Omelie

Omelia del 16 dicembre 2012 - Avvento III

ANNO C - 2012

La terza domenica di Avvento pone una pietra d’angolo, su cui siamo chiamati a costruire i nostri migliori ideali, sia personali che comunitari.

La pietra d’angolo la canta, con giubilo contagioso, il profeta Sofonìa, con una affermazione all’imperativo.

Sentiamola nuovamente: “Rallegrati figlia di Sion, …perché il Signore, Re d’Israele, è in mezzo a te e tu non temerai più alcuna sventura”.

Noi sappiamo chi è la figlia di Sion: è quel popolo che Dio si è scelto e che sul monte Sion edificò, con re Salomone, un tempio al suo Dio, per affermare due verità:

- che Dio abita in Sion e che Sion, cioè Gerusalemme, sta ad indicare sia la terra con tutti i suoi abitanti, sia l’intero universo creato;

- che oggi Sion siamo noi e a noi Dio, per mezzo della sua Parola, dice: “Non temere alcuna sventura, perché io sono in mezzo a te”. Noi, fortunati, sappiamo che la Parola di Dio è Gesù. Gli abitanti di Sion erano ancora storditi dalle avverse vicende, causate dal loro allontanamento da Dio, il Dio dei loro Padri, il Dio che, attraverso Mosè, afferma di essere l’UNICO, l’IO SONO.

Gli israeliti ritornarono sulla primitiva genuina strada. La percorsero nel ‘timor di Dio’, così presente nella fede degli antichi padri.

Ma il Dio di Sofonìa profeta fuga l’idea di essere un Dio severo, implacabile, castigatore,

Dice il profeta a Sion, a Gerusalemme, all’umanità, a tutto il creato, uscito dalle sue mani: “Il Signore è in mezzo a te”. Per fare cosa? Per giudicare? Per punire?

Dio fa dire a Sofonìa: “Tu non temerai più alcuna sventura”.Ecco uno squarcio sublime, da non tornare a soffocare, nel grigio cielo che allora imperversava su Gerusalemme, oggi, sull’umanità e sull’intero creato: “Il Signore c’è ed è in mezzo a te. Perciò non temere più alcuna sventura”.Queste parole cambiano il timor di Dio in amor di Dio. Si può dire che il timor di Dio resta, ma così reinterpretato: “Temo di non amare abbastanza il mio Dio, il Dio amore”. E, perché non avessimo da rimanere con il fiato sospeso, senza un completamento visibile della presenza di Dio in mezzo a noi, ecco che il Battista, l’ultimo dei profeti, indica alle folle il Dio incarnato, confuso tra i mendicati e i peccatori sulle sponde del Giordano. Dice, con un nodo in gola: “Ecco l’agnello di Dio, a cui io non sono degno neppure di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”.

Deve farci paura questo misterioso annuncio da tutti atteso? No. Piuttosto chiediamo al Battista: “E noi, cosa dobbiamo fare?”. Ci dice: “Preparate le strade al Messia e andate incontro al Dio che viene”. Le strade da percorrere, le colline da abbassare e i burroni da riempire sono tutti i bisogni di ogni genere che abbiamo noi e che hanno i nostri simili: parenti, vicini, lontani, ricchi e poveri.Dobbiamo scoprire tutte le povertà, vecchie e nuove, per mettere mano al cuore e alle tasche, per fare tutti la nostra parte positiva e gioiosa nel ricostruire un mondo nuovo e migliore.Non so se è più grande la povertà economica o le povertà morali e spirituali, frutto delle nuove divinità, subdole e bugiarde.

Ecco il prodigio: se le ricchezze, ingiustamente realizzate sulla pelle dei poveri, si convertissero, imitando Zaccheo, a loro beneficio, diverrebbero quel mantello da condividere, quella mensa da offrire, quel lavoro da inventare per il disoccupato, quell’ascolto che il disperato invoca e non trova… Il vangelo ci dà un benefico scossone: più che piangerci addosso, tiriamo fuori i talenti della carità e traffichiamoli.

Se impiegati, raddoppieranno.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal