Omelie
Omelia del 9 dicembre 2012 - Avento II
ANNO C - 2012
E’ bello sentire, in tempo di crisi come il nostro, messaggi pieni di speranza e ricchi di fiducia, che sgorgano con abbondanza dalla Parola di Dio, appena ascoltata ed ora da noi ripresa, per trapiantarla entro il cuore delle nostre provate persone e nel deposito della nostra fede cristiana.
Dice il profeta: “Deponi Gerusalemme la veste del lutto e dell’afflizione, rivestiti dello splendore della gloria che viene da Dio per sempre”.
L’evento storico, cui fa riferimento Baruc, è il ritorno del popolo ebreo dalla schiavitù.
Il ritorno diventa un vero e gioioso pellegrinaggio.
Il luogo da cui gli schiavi partivano, era terra straniera, intrisa di lacrime e di tremenda nostalgia, al ricordo di Gerusalemme: la grande, la promessa Città.
Il nostro Giuseppe Verdi con l’inno ‘Va Pensiero’, cantato dagli schiavi in terra di Babilonia, ha saputo esprimere in un modo insuperabile l’animo di ogni popolo che sogna il perduto ‘suolo natal’.
Ci volle quella terribile esperienza per riportare il popolo al suo vero ed unico Dio, il Dio dei loro padri, il Dio che, negli anni del benessere vide Israele abbandonare la legge di Mosè e adorare altre divinità, basate sulla propria presunzione e sul proprio tornaconto anziché sulla fede nell’unico e vero Dio, che si fa chiamare ‘IO SONO’, perché ‘non c’è altro Dio all’infuori di me’.
“Sì, abbiamo sbagliato” dissero tutti, gli esiliati, cominciando dai più anziani, via via, anche dai più giovani. I piccoli, nati in cattività, impararono dai loro genitori la storia passata e le cause che portarono alla crisi religiosa e morale, che generò la decadenza che ridusse quel popolo, così onorato e stimato da tutti gli altri popoli, ad essere un panno immondo e umiliato.
Ecco i frutti del ravvedimento, del pentimento e del ritorno di tutti, piccoli e grande, giovani ed anziani, donne e uomini, all’unico e vero Dio, il Dio dei loro padri, il Dio che dopo ogni decadenza e ogni schiavitù, intervenne a liberarli ed a ridare a tutti la gioia di vivere e, nella nuova vitalità, trovare le strade più vivaci, anche nuove, per rinascere religiosamente, moralmente e socialmente.
Anche noi siamo entro una umiliante crisi generale.
Ogni crisi economica rimanda ad altre precedenti e latenti crisi di valori, che hanno generato culture, strutture, costumi, amministrazioni, politiche…, diventate le nuove divinità che prima promettono e poi
Ci riducono all’indigenza di mezzi e di valori. In un certo senso, siamo degli esiliati in casa. Anche noi dovremmo cantare il ‘Va Pensiero’, riconoscendo che ci siamo allontanati da certi valori umani e religiosi, derisi come fossero cose superate. Il secondo sbaglio sarebbe quello di ritenerci presunti innocenti che vedono colpe solo negli altri. Certamente il corrotto che è nelle stanze dei bottoni della cultura, del potere, dell’economia, ecc., è da considerarsi un apripista della corruzione, ma nessuno può dichiararsi completamente innocente.
Gesù, se oggi tornasse visibile tra noi, che ci siamo specializzati nell’accusare gli altri, ad alta voce, guardandoci negli occhi, ci direbbe: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Impariamo la lezione, finché siamo in tempo.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal