Omelie
Omelia del 14 ottobre 2012 - Per Anno XXVIII
ANNO B - 2012
Capita anche a noi, sacerdoti e pastori, che dobbiamo predicare a tutti la Parola di Dio, di rimanere sconcertati dinanzi alla potenza di certe pagine della Bibbia, magari lette mille volte, ma distrattamente.
Qual è uno dei peccati, in cui può cadere ogni buon cristiano ed in particolare il ministro della Parola, cioè il sacerdote pastore? Certamente quello di leggerla per abitudine e predicarla quasi per mestiere.
Ben venga la lettera agli Ebrei, che da qualche domenica ci accompagna.
Risentiamo quello che ci dice oggi: “La Parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio.
Essa penetra… fino alle giunture ed alle ossa e discerne i sentimenti ed i pensieri del cuore”.
Come si permette l’autore della lettera agli Ebrei di cantare in modo così alto, ma anche impositivo e severo, la necessità e la sconfinata potenza della Parola di Dio?
Non c’è dubbio: queste non sono intuizioni di un uomo, pur saggio ed intelligente.
Attraverso di lui parla la Parola stessa.
Chi è la personificazione di questa Parola?
E’ Dio, che, insieme a tanti altri nomi, si fa chiamare anche Verbum, Verbo, Parola.
Ecco che, come da una botte ben sigillata e ripiena di ottimo vino, attraverso l’ascolto, unito al discernimento, la Parola di Dio viene distillata in noi e ci aiuta a distinguere tra le mille futili parole e la Parola di Dio. Noi possiamo e dobbiamo ascoltare, interrogare, farla nostra e conformarci ad Essa. Dio si fa Parola umana per aiutarci ad essere a nostra volta Parola di Dio ai fratelli. Da qui il dono di diventare anche noi ‘profeti’.
Il peccato più grande, a questo punto, sarebbe quello di ignorarla colpevolmente, pur avendola sulla nostra mensa, o di ascoltarla distrattamente, o, quello che spesso può capitare anche a noi, di lasciarla cadere per terra, causa i nostri ritardi, allorché dall’ambone viene proclamata.
Per poterla possedere e comprendere, la Parola di Dio, come primo dono, ci propone quello che il prezioso brano, preso dal libro della Sapienza, ci dice: “Pregai e mi fu concessa la sapienza. La preferii” a qualsiasi altro dono. Doni verso i quali corrono gli stolti: la sregolata sete di potere, di avere, di possedere, di spendere, di godere…
Che differenza c’è tra il vero sapiente e lo stolto, che predica una anti-sapienza?
Ce lo dice chiaro Gesù: è saggio colui che, ascoltato Dio e Gesù, l’incarnazione della Sapienza, si nutre delle parole di Dio donate a noi mortali, come cibo che non si corrompe.
Le parole di Dio diventano le nostre leggi di vita. E’ così che nasce la morale cristiana, cattolica.
Ognuno di noi dovrebbe chiedere a Gesù: “Cosa devo fare per avere la vita eterna?”.
Gesù non ha dubbi e ci dice: “Osserva i comandamenti”.
Ai più generosi chiede, non solo ciò che vuole la legge morale, ma la legge dell’amore: donarsi totalmente a Dio ed ai fratelli, quale unico tesoro imperituro da cercare.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal