Omelie

Omelia del 19 agosto 2012 - Per Anno XX

ANNO B - 2012

Oggi il vangelo ci porta decisamente e con piena coscienza entro il mistero dell’Eucaristia, comprensivo di tutti gli altri principali misteri della nostra fede.

Non è Pietro, il successore di Gesù, a parlarci di questo sbalorditivo sacramento, che Gesù ha pur posto nelle sue mani e nelle mani di tutti gli apostoli, quando, a conclusione dell’istituzione dell’Eucaristia, disse loro: Fate questo in memoria di me”.

Gesù, nel proclamare: “Questo è il mio corpo, questo è il sangue mio. Chi mi mangia e mi bene, avrà la vita eterna”, non volle delegare ad altri lo straordinario annuncio del sacramento dell’Eucaristia. Con una estrema chiarezza e con tutta la sua autorità, scese in campo Lui in persona, facendo capire che non avrebbe ritirato neppure una virgola del suo discorso sull’Eucaristia, anche a costo di rimanere solo. Il giorno prima Gesù aveva sfamato cinquemila uomini, senza contare le donne ed i bambini.

Richiamati dallo strepitoso miracolo, il giorno dopo la folla sarà certamente aumentata.

Gesù si trovò davanti i rappresentanti dell’intero popolo, che amava giustamente farsi chiamare ‘popolo di Dio’.

Stralceremo alcune affermazioni fatte da Gesù e cercheremo di ragionarci sopra, sapendo che siamo favoriti dal ‘dopo’. Disse Gesù: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Gesù si dà un nome nuovo, che nessuno mai prima aveva con chiarezza annunciato. Sì, la manna, donata nel deserto al Popolo di Dio, aveva dato l’idea di un Dio provvidenza, che sapeva far sgorgare dal creato il necessario per la vita dell’uomo, in ogni tempo e in ogni luogo. Ma nessuno ebbe il coraggio di dire che la Manna era Dio. Al massimo dicevano: “E’ un meraviglioso dono di Dio”. Qui invece per la prima volta nella storia della salvezza, Colui che si dichiara Figlio di Dio, quindi Dio, il Messia promesso e atteso, fa una affermazione che non può essere spiegata in termini scientifici. Gesù proclama: “Io sono il pane disceso dal Cielo”. Dove trovare quel pane? Sul tavolo pasquale imbandito da Gesù il Giovedì Santo, quando, preso il pane ed il vino, disse “Questo è il mio copro. Questo è il calice del mio sangue”. Quindi quel pane e quel vino, non sono più pane e vino, ma il corpo e il sangue di Gesù. I giudei più istruiti e garanti delle sacre scritture, storditi e scandalizzati davanti a un linguaggio così nuovo, ed autoritario, discutono aspramente, facendo capire che non potevano condividere le parole del Maestro. Per tutta risposta Gesù rispose loro: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Chiarì anche che la manna fu solo un annuncio del nuovo pane, che sarebbe disceso dal cielo: “La mia carne è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui”. Quale migliore definizione della comunione tra Gesù e noi, tra noi e Gesù?. Il linguaggio, efficacissimo, ma ancora misterioso sul ‘come’ si potrà veramente mangiare Gesù, risultò del tutto incomprensibile a quelli che lo ascoltavano, pur avendo avuto il giorno prima il segno della sua divinità.

A domenica prossima la continuazione del tema.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal