Omelie

Omelia del 17 giugno 2012 - Per Anno XI

 ANNO B - 2012

Ezechiele profeta, ispirato da Dio, parla di un disegno divino, svelato attraverso immagini, facili da comprendere, ma profonde e ricche di contenuti. Dio paragona l’umanità ad un cedro, albero nobile tra la vegetazione. Ma a Dio non basta aver dato all’uomo il privilegio di essere al di sopra di tutte le creature dell’universo mondo. Dio fa un annuncio, che il profeta oggi dice a noi: “Io prenderò dalla cima del cedro un ramoscello… e lo pianterò sul monte alto, imponente…Metterà rami e farà frutti; diventerà un cedro magnifico”. Quali i contenuti di questo linguaggio simbolico? Sono molteplici, ma possono essere riassunti, alla luce del vangelo di Gesù, così: il cedro, ben piantato, sta a simboleggiare l’umanità. Con un concorso tra Dio e l’umanità, concorso che si svelerà nella pienezza dei tempi, l’umanità accoglierà nelle sue viscere, ‘il ramoscello’, il figlio di Dio, facendolo diventare anche il figlio dell’uomo; realizzandosi in Maria il progetto di Dio, Maria trasmette all’intera umanità la divinità e viceversa. Si avverò così l’origine del nuovo cedro; l’antico cedro fa un salto di qualità: da quel momento in poi, ogni uomo, in forza dell’incarnazione di Dio, accogliendo il Dio con noi, entra nella natura divina di Gesù. Dio coglie i frutti del cedro e li fa diventare cibo di vita eterna. Conclude la profezia: “Dio ha parlato e lo farà”.

A distanza di secoli giunge puntuale la risposta di Dio. Gesù preferisce parlare in parabole per rivelare Dio e rivelarsi come Colui che è entrato nella carne umana come Dio e ha donato alla natura dell’uomo la possibilità di diventare in Cristo, figlia di Dio. Gesù paragona Dio ad un solerte contadino che, nella stagione della semina, con fiducia in una pronta risposta del campo, semina del buon grano. Ed ecco che quel seme, (con una potenza che nessuno riuscirà a svelare, ma tutti la possono vedere, contemplare e raccogliere), dalla terra fertile nasce come stelo, poi diventa spiga, quindi chicco pieno nella spiga”. Fuori parabola: il seminatore è Dio, il seme è il Figlio suo diletto, che, gettato nel terreno dell’umanità, diventa il Dio con noi e fa sì che noi possiamo diventare come lui. Dio invia suo figlio, il seme scelto, su tutta la terra, cioè sull’umanità, ma anche sull’intero creato, che attende di diventare cieli e terra nuovi. Il seme certamente germoglia e giunga a donare il grano, perché tutti possano mangiare quel pane, che Gesù nell’ultima cena farà diventare suo corpo. Chiede di essere accolto con appetito e mangiato con piena coscienza, sapendo che noi siamo i destinatari di quel buon seme. E’ necessaria la nostra libera e piena disponibilità ad accogliere il buon seme, l’inviato dal Padre, Gesù. Insieme possiamo cambiare il mondo e far sì che tutti gli uomini, tutte le culture e le religioni, tutte le istituzioni, diventino buon terreno, disponibile a ricevere e far fruttificare Gesù, l’ inviato del Padre. E’ quello che, insieme, tentiamo di fare ogni domenica. Celebrare la Messa è fare comunione con Cristo.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal