Omelie
Omelia del 18 settembre 2011 - Per Anno XXV
PER ANNO XXV - ANNO A - 2011
I tempi del profeta Isaia, che ci parla con la prima lettura, erano del tutto simili ai nostri: crisi generale, palese babele politica, violenza verbale e fisica al posto della saggezza, guerre, deportazioni, povertà, schiavitù e morte.
Noi, popolo umiliato dal terribile conflitto della seconda guerra mondiale, causata da ideologie che volevano instaurare la religione della razza, dichiarata pura e unica con la forza delle armi e della violenta soppressione delle altre razze e culture;
noi abbiamo saputo uscire da quell'inferno e abbiamo fatto stupire il mondo che, dopo averci umiliati e derisi, dovette gridare al miracolo italiano. Da dove quel miracolo?
Dopo un breve periodo, in cui ci si ubriacò di libertà buttandosi nel divertimento, prevalse il genio di quegli italiani che, nella sofferenza, scoprirono i valori morali fondamentali che, per realizzare il bene comune, privilegiavano ciò che univa rispetto a ciò che divideva.
Quei valori morali fecero risorgere l'Italia, portandola al benessere.
Una presenza preponderante di quella rinascita morale, civile, politica, amministrativa la ebbero le forze cattoliche, scese nei vari campi del pensare, progettare, agire, amministrare, governare...
Ma, via via, il benessere economico, sempre più distaccato dai valori morali, accentuò gli interessi privati e, gradino dopo gradino, ci ha di nuovo portato in basso e ci ha messi in ginocchio.
Cosa fare?
Vale ancora l'imperativo del profeta: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino".
La crisi non solo nazionale, ma mondiale, ha scatenato tutte le migliori scuole dell' economia e della politica.
I più di noi, sprovveduti, ansiosi ascoltiamo quei ragionamenti che non fanno una piega.
Ma la crisi continua.
Continua, poiché gran parte delle prognosi sono una contro l'altra e, ancorati ancora a difendere gli interessi del proprio gruppo di potere, si sopprime la più popolare delle logiche dell'emergenza che dice: "Solo insieme ci si può salvare".
Ma chi ha il potere di dire a tutti, senza tema di sbagliare: "Ricordatevi che siamo fratelli, siamo figli dello stesso Padre, siamo famiglia e la famiglia la si salva insieme, perché al di sopra di tutto, ci sta l'unità?".
La Chiesa, questa comunità che ha il coraggio di chiamarsi "Corpo di Cristo" e lo è, fa sentire la sua voce e a tutti ha il coraggio di dire: "Cercate il Signore, mentre si fa trovare".
Ma il Signore si farà trovare?
Se Isaia aveva i suoi dubbi, noi no, poiché Gesù, il figlio di Dio, il Dio fatto uno di noi, è il nostro "noi" e noi siamo il suo "IO".
Dio si fa trovare sempre, perché il suo nome è IO SONO.
Il dubbio invece è questo: "Ma noi, nel momento in cui la barca affonda, siamo capaci di cercarlo e gridargli, con umiltà e fiducia: "Signore, salvaci?".
La preghiera ha quella forza che, tutte le energie orizzontali, ma disgiunte dalla sorgente, non possiedono.
Chi prega sinceramente, deve farsi piccolo, bisognoso, penitente, pronto ad ammettere tutte le sue colpe che hanno causato, direttamente o indirettamente, la grave malattia al bene comune, a cui tutti dobbiamo contribuire, se tutti vogliamo ricevere.
Gesù migliora l'invito del profeta Isaia, che aveva suscitato il sospetto che Dio abbia le sue stagioni e che ci siano stagioni in cui Dio non ci ascolta.
Gesù ci presenta Dio come un imprenditore a tempo pieno.
Non cessa mai di scendere tra la gente e di invitare i disoccupati, a tutte le ore del giorno lavorativo e di avere per tutti gli uomini di buona volontà la loro mercede, senza, però, sopprimere la libertà di Dio che, conoscendo le invisibili necessità degli uomini, sa essere giusto con tutti e generosissimo con gli sfortunati o con quanti, anche all'ultimo momento, sono capaci di ravvedersi e di rientrare tra i figli di Dio, purificati dal pentimento, come il buon ladrone, il primo ufficialmente canonizzato da Gesù.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal