Omelie

Omelia del 14 agosto 2011 - Per Anno XX

PER ANNO XX - ANNO A - 2011

Ci soffermeremo volentieri solo sul brano dell'evangelista Matteo.
I protagonisti apparentemente sembrano due: Gesù e la Cananea.
In realtà qui affiora una verità assoluta, che risponde alla domanda, altrettanto globale, che è: "A quali persone, nazioni, religioni, culture appartiene la salvezza promessa da Dio ed operata dal suo inviato, Gesù, il Messia? Il Figlio di Dio?".
Il brano del vangelo pone una di fronte all'altra le due mentalità, in quel tempo dominanti entro la cultura e la religione del popolo d'Israele, ma puntualmente ritornanti anche tra noi.
In un primo momento, apparentemente, Gesù sembra sposare la tesi che afferma che la salvezza, promessa da Dio e da Dio donata, appartiene alla sola razza dei giudei. Lo dice con le famose parole: "Non sono stato mandato se non alle pecore della casa d'Israele".
Gesù, affinché questa assurda divisione ed egoistica interpretazione delle promesse divine, appaia in tutta la sua gravità teologica e sociale, cavalca, apparentemente in difesa, la teoria a quel tempo presente e dominante nella cultura, quindi nella fede e nella religiosità del popolo ebreo e dei suoi capi politico-religiosi.
In forza di questa mentalità, la salvezza di Dio, promessa e realizzata dall'atteso Messia, avrebbe riguardato il presente ed il futuro del solo popolo ebreo.
Il Messia avrebbe ridato al popolo ebreo, non solo la sua libertà e sovranità piene, ma lo avrebbe anche destinato a diventare il trono del potere universale, per cui tutti i popoli si sarebbe inchinati di fronte all'Israele divinizzato e onnipotente.
Se si fosse avverata questa tesi, allora si sarebbe affermata l'assurda verità che Dio discrimina ontologicamente gli uomini: favorisce pochi ed umilia i più.
Allora nasce spontanea una domanda: "Per Dio, chi è il vero popolo santo, che merita il titolo regale, sacerdotale e profetico?". Gesù, prima di dare la risposta, nel colloquio con la Cananea, in apparenza, prende le difese della tesi allora imperante, allo scopo di rendere ancora più limpida e chiara la sua risposta alla domanda: "Chi sono i figli di Dio e chi sono tutti gli altri, paragonabili a dei cagnolini, che devono leccare le ferite dei padroni?".
Ritorniamo sul brano.
Gesù volutamente sconfinò nel territorio dove vivevano i gentili, cioè quelli di religione diversa rispetto agli ebrei, in una parola, nel territorio dei pagani, politicamente e religiosamente nemici.
Ed ecco una di loro, passata alla storia come la Cananea, cioè abitante di quella regione che gli Israeliti consideravano pagana, prese la parola con coraggio, doppiamente grande, essendo essa una donna, per di più appartenente ad una religione condannata dagli israeliti. Era una donna senza nome.
Una del popolo, per la cultura del tempo inferiore all'uomo, appartenente a quella umanità destinata solo a obbedire e subire.
Come una donna, Maria, diede inizio ai tempi nuovi, accettando di diventare la madre del Messia, così una donna, per di più pagana, fu la protagonista di uno dei più celebri e importanti dialoghi tra Dio e l'uomo, tra l'inviato di Dio e gli ebrei, i detentori della Parola di Dio, tra la Religione rivelata e le religioni, tra culture diverse.
La Cananea affrontò Gesù non in nome della razza, ma in nome del cuore di madre, trafitto a morte dallo strapotere del male morale e fisico che si era impossessato della figlia.
Fu come dicesse: "Io ti parlo non a nome di una cultura o di una religione, ma a nome di tutta l'umanità che soffre sotto il potere delle tenebre e della sofferenza, in attesa del Liberatore.
Ti ho ascoltato e la fede mi dice che tu sei l'inviato di Dio. So di non appartenere al tuo popolo, ma sento di dire, a nome di tutti gli uomini, che ogni persona umana, al di là della razza e della nazionalità, è una creatura di Dio e che Dio ci ama come figli. Permettimi, dunque, di raccogliere finalmente le briciole che cadono dalla mensa del nostro comune Padrone e Padre".
Gesù le risponde con parole che fanno cadere il velo che separava i popoli in nome della religione. La fede e non la razza porta a Dio.
La fede vera, ovunque sia, è il veicolo della salvezza. Ma non dimentichiamo che, Colui che ha il potere di dire: "Avvenga ciò che desideri", è sempre e solo lui, Gesù, l'unico Salvatore.
"Da quell'istante sua figlia fu guarita".

Il parroco: don Rinaldo Sommacal