Omelie

Omelia del 3 aprile 2011 - Quaresima IV

QUARESIMA IV - ANNO A - 2011

  1. La prima lettura di questa domenica ci narra la scelta, da parte di Dio del re Davide, figlio di Iesse, per mezzo del profeta Samuele.
    Al di là della figura di Davide, diventato per molti aspetti l'icona del promesso Messia, il racconto della sua scelta ci porta a fare alcune riflessioni, che devono diventare scuola di vita.
    In primo luogo, meditiamo il modo di essere e di agire di Dio nei confronti di noi persone umane.
    Per strade quasi sempre misteriose ed invisibili, Dio è il vero protagonista della nostra vita.
    Isaia ci dice che Dio porta scritto dall'eternità il nostro nome nel palmo della sua mano.
    Noi siamo, quindi, dall'eternità davanti ai suoi occhi e nel suo cuore di Padre. Quasi sempre lo dimentichiamo.
    Dio, per realizzare il suo sogno di donarci la vita, da sapiente creatore diede alla specie umana il potere di procreare.
    Procreare è secondo solo al creare dal nulla di Dio.
    In terra i genitori sono l'immagine più vicina di Dio creatore. Sarebbe bene che gli sposi lo sapessero e facessero della procreazione la meta di tutte le loro più profonde e nobili aspettative. Procreare: non un caso, ma una libera scelta d'amore.
    I genitori diventano l'immagine del profeta che dal Signore riceve il potere di consacrare re Davide.
    Gli sposi, quando hanno maturato la scelta di volere un figlio, lo facciano anche a nome di Dio creatore e padre.
    Sappiano che, procreare, significa bussare alle porte dell'onnipotenza.
    Seconda considerazione: Davide fu scelto non perché aveva un aspetto regale, (era, infatti, solo un adolescente, l'ultimo della numerosa nidiata), ma perché Dio gli aveva messo in cuore la regalità come vocazione.
    Prescindendo dalla personale storia di Davide, c'è un insegnamento di fondo che non dobbiamo lasciaci sfuggire.
    Lo dice Dio stesso al profeta Samuele: "...non conta ciò che vede l'uomo: l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore".
    Quale l'insegnamento?
    La persona umana, essendo anima, ma anche corpo, non può non avere anche la visibilità.
    Avere cura della propria apparenza, sia maschile che femminile, è una positiva virtù.
    Ma c'è un rischio di sempre, oggi ancor più spettacolarizzato: quello di cadere nel culto della bellezza fisica.
    Il nostro Dio loda la bellezza, ma non vuole la religione delle apparenze.
  2. Grande, poi, la pagina evangelica, dove si narra la guarigione del cieco da parte di Gesù e l'enorme risonanza che tale miracolo suscitò, a tutti i livelli, da quello popolare a quello religioso, giuridico e scientifico.
    Già il preambolo al miracolo è diverso dal solito.
    Normalmente i vangeli raccontano che, all'avvicinarsi di Gesù, si spargeva la voce e le folle accorrevano.
    I vari malati, con accorate suppliche, Gli chiedevano il dono della guarigione. Questa volta no. Dice il vangelo: "Gesù, passando, vide un uomo cieco dalla nascita".
    Non fu il cieco che cercò Gesù, ma Gesù cercò il cieco nato.
    Senza essere supplicato, Gesù decise di guarirlo.
    Per accrescere anche visivamente l'evidenza del miracolo, impastò del fango con la saliva e lo spalmò sugli occhi.
    Poi gli disse: "Va a lavarti alla piscina di Siloe".
    Andò. Si lavò. Tornò che ci vedeva.
    Il miracolato alla fine si lasciò catechizzare da Gesù ed, alla domanda di Gesù: "Credi nel figlio dell'uomo?", con tutte le sue forze, rispose: "Credo, Signore". Acquistò anche la vista della fede.
    Ma il vangelo sottolinea anche la posizione di chi, per partito preso, nega la stessa evidenza del miracolo.
    Più è evidente la verità di un fatto, che porta ad una verità di fede, in questo caso alla divinità di Gesù, più l'ostinazione si impone.
    Lezione: mai negare l'evidenza, in fatto di fede. Siamo tutti un po' ciechi circa la fede in Gesù. Che Gesù ci guarisca.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal