Omelie
Omelia del 20 febbraio 2011 - Per Anno VII
PER ANNO VII - ANNO A - 2011
Per salire le vette, apparentemente inaccessibili, indicate dalla prima e dalla terza lettura, è necessario ripartire dalla affermazione, che non ammette dubbi, fatta dall'apostolo Paolo, quando ci dice: "Non sapete che siete tempio di Dio?".
Credo che nessuna religione al mondo abbia avuto ed abbia il coraggio di dire all'uomo, come fosse la cosa più scontata: "Non sai che lo Spirito di Dio abita in te?".
Solo se, sostenuto dalla fede, ti sentirai di dire: "Sì", capirai il Levitico che ti mette in contatto con Dio in persona che ti dice: "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo".
Solo allora potrai ascoltare Gesù che, dichiarando superati i confini della fredda giustizia, farà defluire come unico comandamento sociale l'amore fraterno tra le persone. Ma quanto siamo lontani!
Andiamo con ordine.
- L'apostolo Paolo, per ben due volte, rivolgendosi ai cristiani di Corinto, con autorità dice loro: "Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?".
L'affermazione è di una chiarezza tale che anche il bambino o l'ignorante ne afferrano il senso.
Questa affermazione è verità di fede, non è un regalino privato, fatto ai Corinti da Paolo, per avergli creduto.
Le verità di fede sono doni che vengono da Dio, mediati da Gesù, consegnati alla Chiesa per mezzo dello Spirito Santo, a beneficio di tutti gli uomini di tutti i tempi.
Quale verità contiene quell'invitante 'non sapete' di Paolo?
"Che voi siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi!". - Paolo altro non fa che predicare ciò che già Gesù aveva insegnato, quando, alla richiesta dei discepoli, 'insegnaci a pregate', disse loro: "Quando pregate, dite: "Padre nostro che sei nei cieli".
Un figlio riceve tutto dal padre e dalla madre.
Un figlio può veramente dirsi: "Mio padre e mia madre vivono in me".
Se questo avviene in forza della legge naturale della procreazione, a un livello ben superiore ci viene svelato un mistero che è stato voluto per nostra sbalorditiva grandezza, da Dio stesso che, non contento di esserci Creatore, ha escogitato un sistema tale di rapporti divino-umani, da rigenerarci a figli.
Pochi giorni fa il santo Natale ci svelò come Dio abbia realizzato questo suo straordinario disegno di elevarci da creature a figli suoi diletti, per cui possiamo chiamarlo 'Abbà, Padre' e possiamo sentirlo presente in noi, fino a capire che veramente siamo diventati il tempio, la desiderata casa viva ed accogliente, dove Dio ama abitare.
Gesù, dopo averci rivelato la paternità di Dio, ci dice: "Se uno mi ama, anche il padre mio lo ama e noi verremo a lui e prenderemo dimore in lui".
Se tutto questo è vero, come è vero, allora si comprende che i rapporti tra Dio e noi, tra di noi, di ognuno di noi con se stesso, non sono più regolati da leggi fatte solo per garantire a tutti, col timore del castigo, il rispetto dei diritti e dei doveri.
Le leggi che impongono e regolano i diritti ed i doveri tra la gente, rimanendo valori necessari per le istituzioni di questo mondo;
ma, per chi è liberamente e gioiosamente cristiano, i rapporti tra le persone, con noi stessi e con Dio sono ora tutti regolati dall'amore.
La scala dell'amore, che congiunge il punto più basso della terra al punto più alto del cielo, ha un'ampiezza sconfinata;
va dal non odiare, dal non uccidere, dal non sparlare, dal non vendicarsi, dal non serbare rancore..., all'amare, amare Dio, amare se stessi, amare tutti, amare anche i nemici.
Con le sue sole forze naturali, per quanto ricco di buona volontà, l'uomo non riuscirà a risalire tutti i pioli dell'amore.
Sulla scala dell'amore è necessario il dialogo tra la buona volontà dell'uomo e la onnipotente e gioiosa disponibilità di Dio. Dio non è lontano. Dio è in parete con noi, per la scalata della vita.
Quel Dio che, in Gesù, dice: "Ma io vi dico: pregate per quelli che vi perseguitano...", abita già in noi che, con il battesimo siamo diventati suoi figli. Ama essere pregato.
Ma quel "chiedete!" gridato da Gesù, che fine ha fatto?
Il parroco: don Rinaldo Sommacal