Omelie

Omelia del 7 novembre 2010 - Per Anno XXXII

PER ANNO XXXII - ANNO C - 2010

  1. Il primo brano, molto drammatico, narra uno dei tanti eventi succedutisi entro i confini della Palestina, al tempo del re Antioco Epifanie, che volle ellenizzare tutti i regni a lui soggetti, cioè portarli a sopprimere la fede e la religione ebraica, sostituendola con quella politeista, che prevedeva anche il culto del re regnante.
    Il re mise gli occhi su una famiglia, in apparenza fragile, composta da una madre vedova, con a carico sette giovanissimi figli.
    Sperava di dare una lezione a tutto il popolo, dimostrando benevolenza verso questa famiglia, ma ad un patto: che tutti, madre e figli, avessero da rinunciare alle leggi della loro religione e avessero da sottoporsi al culto del re.
    Invece e madre e figli diedero un altissimo esempio di fedeltà al loro Dio, affrontando, con incredibile coraggio, il supplizio del martirio. Da questa storia, due sono gli insegnamenti che anche oggi brillano con tutto il loro valore e che vorrei proporre a me e a tutti noi:
    • la indiscussa fedeltà a Dio ed alle sue leggi, a qualsiasi costo;
    • la professione di fede nella risurrezione dei morti, per la prima volta così chiaramente affermata in uno dei libri dell'antica alleanza, quando sull'al di là le idee erano ancora molto nebulose.
    C'è, anche, da sottolineare un duplice rischio negativo, evidente nell'episodio narrato e ricorrente anche ai giorni nostri.
    Il rischio, da parte della religione, di trasformarsi in forza e scelta politica;
    il rischio da parte della politica di proporsi come una religione con i suoi riti e con il culto della personalità del regnante di turno.
    Ogni legittima espressione di fede, sempre e ovunque, deve godere della libertà religiosa.
    Nella libertà religiosa, la fede deve proporre limpidi i valori, che chiedono di farsi scelta di vita in tutti indistintamente.
    Ma la religione non deve diventare una specifica forza politica. Stando al di sopra delle parti, a 360 gradi deve offrire ideali che richiamano gli uomini di ogni governo a legiferare, nel rispetto dei valori non negoziabili.
    Altrettanto: le forze sociali che in quel momento dal popolo hanno ricevuto il potere di governare, nel legiferare devono sempre in coscienza interrogare i valori etici e non devono cadere nella presunzione di essere perfetti e di interpretare infallibilmente la volontà di Dio e i vangeli di Gesù Cristo, compito della religione.
    Quindi, né sacerdoti sovrani, né re sacrestani, ma tutti alla mensa del bene comune, sia per servire, sia per essere serviti, da fratelli, pur nella varietà dei carismi e nell'esercizio dei ministeri.
  2. Ma, al di sopra di questi temi, che toccano soprattutto l'arte di gestire con giustizia ed equità, il presente, non perdiamo la principale portata offertaci sulla mensa dai brani appena uditi.
    Tutti i fratelli Maccabei, nell'affrontare con coraggio e liberamente il martirio, fecero esplicita la professione di fede nella risurrezione.
    Uno di loro, rivolgendosi al re Antioco, a nome di tutti, disse: "Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell'universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna".
    Ed, agonizzante, uno dei sette disse: "Dal Cielo ho queste membra..., da lui spero di riaverle di nuovo".
    E' molto importante che gli ultimi libri dell'Antico Testamento facciano pubblica dichiarazione di fede nella risurrezione dopo la morte del corpo.
    Al grande interrogativo di Giobbe e di tutti i giusti: "Perché su questa terra il giusto soccombe ed il delinquente trionfa?", nell'A.T. non ci fu una chiara risposta circa i due tempi della vita:
    questa per meritare, anche a costo della morte,
    e la futura per godere con la risurrezione.
    Al tempo di Gesù c'era grande dialettica tra i saggi di Israele.
    Mentre alcune scuole erano approdate all'idea della risurrezione dai morti, la potente schiera dei Sadducei la negava nettamente.
    Furono proprio i Sadducei a tendere a Gesù una trappola dialettica con la storia della donna dai sette mariti.
    Lapidaria e saettante fu la risposta di Gesù, in favore della risurrezione: "Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi". Stop, quindi, a qualsiasi dubbio tra noi, discepoli di Gesù Cristo!

Il parroco: don Rinaldo Sommacal