Omelie

Omelia del 5 settembre 2010 - Per Anno XXIII

PER ANNO XXIII - ANNO C - 2010

Le tre letture, se viste in sovrapposizione, rivelano un tema unitario diviso in due capitoli.
Il tema unitario è l'assoluto primato di Dio, fattosi uomo in Gesù Cristo, per liberare l'uomo da tutte le schiavitù generate dalle false ideologie, frutto del cattivo uso del divino dono della sapienza.

  1. Il primo capitolo è un esplicito invito ad usare del dono della intelligenza, che si fa sapienza, per proclamare il primato di Dio.
    Lo dice, in modo provocatorio, la pagina del libro della Sapienza.
    Dio in persona si mette a dialogare con noi. Facendo buon uso della nostra intelligenza, ci invita a riconoscerLo ed a superare la tentazione di ribellarci a Lui, elevando la nostra ragione a divinità.
    A noi, quasi non avessimo ricevuto gratuitamente il dono della intelligenza, Dio, con arguzia, giocando con la nostra presunzione, dice: "A stento immaginate le cose della terra, scoprite con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo? Chi avrebbe conosciuto il mio volere, se io non gli avessi dato la sapienza?".
    Quanti disastri intellettuali in meno ospiterebbe la storia dell'umanità, se gli intelligenti, saliti sulla cattedra della scienza, avessero scrutato i misteri della natura senza entrare in conflitto con l'Autore della natura o addirittura, accecati dall'orgoglio, non si fossero arrogati l'ardire di sopprimerLo come un contendente.
    A costoro Dio, ancora benigno, quasi con ironia, dall'alto della sua infinita sapienza creativa, ricorda: "Chi può conoscere ciò che io ho tratto dal nulla, se non gli avessi dato la sapienza?".
    A grande sapienza risponde o grande saggezza, che si mette umilmente in ginocchio di fronte al Mistero, o la presunzione del superuomo che, impossessandosi di quanto ha potuto sapere, commette il peccato di superbia, sostituendosi a Dio.
    La celebre paginetta, tratta dal libro della Sapienza, ci invita a benedire Dio che ci ha resi simili a Lui, capaci di ricerca intellettuale, fino ad avanzare entro i misteri della verità, per tradurla in capitoli di esaltante e progressiva civiltà;
    ci invita, inoltre, ad usare con saggezza del dono della sapienza, per non commettere il più drammatico dei peccati che è quello di dire a Dio, che ci ha fatti simili a Lui: "Non serviam! Non ti servirò".
  2. Questo peccato, se non denunciato in tutta la sua portata nefasta, inquina i rapporti che l'uomo ha con Dio, col creato e con se stesso.
    Il brano, che parla di Onesimo, uno schiavo da liberare in nome della fede in Gesù Cristo, che è venuto ad abolire ogni forma di schiavitù, ci indica la strada giusta che ogni vera civiltà deve percorrere nei rapporti uomo-Dio, uomo-uomo: con e non contro Dio. Se Dio viene oscurato, se la scienza diventa un'arma in mano al prepotente, si può instaurare la legge del più forte che ha sempre ragione. Quante forme di schiavitù sono entrate nella storia dell'umanità, da quando, spenta la fede nell'unico vero Dio e nella sua legge, l'uomo, singolarmente preso o come popolo, o come religione, ha messo al primo posto l'avere, ignorando e calpestando il primato dell'essere che ci vede tutti uguali, tutti fratelli in Cristo, quindi tutti figli dello stesso Padre che sta nei cieli.
    Ecco perché Gesù ci fa quel discorso che sembra duro: "Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ama suo padre, la madre, la moglie i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo". Qui Gesù parla da Dio.
    Qui Gesù si riallaccia alla pagina del libro della Sapienza.
    Qui Gesù richiama il principio di fondo che dice:
    ogni scelta, per essere buona e giusta, deve onorare e rispettare la verità che è l'origine di tutte le altre ed è questa: riconoscere con la sapienza del cuore il primato indiscusso di Dio.
    "Amerai il Signore Dio tuo con tutto te stesso" recita il primo comandamento. L'umanità si salverà, la cristianità uscirà da tutte le sue esistenziali difficoltà se da parte di tutti si avrà il coraggio di liberare Dio dallo stato di schiavitù in cui, o per l'indifferenza, o per interesse, o per ideologia, o per diabolica e lucida scelta lo abbiamo costretto, cacciandolo fuori le mura della convivenza e spingendolo nuovamente sul monte Calvario. Torniamo ad amare Dio al di sopra di tutto e di tutti.
    Ci ritroveremo fraternamente liberi ed uniti nell'amore.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal