Omelie

Omelia del 8 agosto 2010 - Per Anno XIX

PER ANNO XIX - ANNO C - 2010

Il prezioso libro veterotestamentario della Sapienza è improntato totalmente in favore dell'uomo, perché, usando delle sue innumerevoli, spesso giacenti, nascoste, inesplorate capacità di mente, di volontà, di cuore, egli viva da protagonista, proteso verso una sicura vittoria finale. La sapienza umana: immagine di Dio!

  1. Il brano odierno ci svela uno dei perché dell'intervento di Dio nella storia dell'uomo: "perché, usando il coraggio, (uno dei frutti della sapienza), ...(egli viva) in attesa della salvezza dei giusti".
    Viene fatto l'elogio e proclamata la necessità della virtù del coraggio. Ma diventa allo stesso tempo per noi un interrogativo: "Cos'è il coraggio? Ci sono persone coraggiose? Oggi, quando la tecnologia ha sfiorato l'onnipotenza, l'uomo è altrettanto maturato nel coraggio o si è instaurato il rapporto: a più tecnologia, più fragilità psicologica?". La macchina sta forse sostituendo l'uomo?
    Non è difficile oggi constatare che il coraggio, sia individuale, che di gruppo, che di popolo, che di umanità è in preoccupante regresso, rispetto a tempi in cui le necessità aguzzavano le menti e tempravano le volontà, rafforzavano la stirpe umana.
    Il coraggio, chi non lo ha, non se lo può dare, dice il Manzoni.
    Chi possiede una buona dose di coraggio vero, cerchi di impiegarlo e di farlo diventare un bene comune, estremamente necessario in tempi di crisi esistenziale ed anche istituzionale come la nostra.
    Molte sono le strade che possono condurre l'uomo alla riscoperta del coraggio, che può, anzi deve diventare una linfa da far scorrere entro le vene della società, protagonista e non succube di pochi.
    Ci sono persone coraggiose e fonte di coraggio collettivo che provengono anche dalla cultura onesta dei non credenti: donne e uomini retti e pieni di altruismo.
    Ma il cristiano, non per suo merito, bensì per un dono gratuito e destinato a beneficio di tutti, credenti e non, ha a sua disposizione la stessa fonte del coraggio che è Dio, il Dio forte che, per donarsi all'uomo, ha scelto la strada della incarnazione del figlio suo, a noi donato, perché diventassimo i "coraggiosi" figli di Dio, amanti della vita e mai rassegnati alle prove che si scagliano contro il valore numero due al mondo, dopo il numero uno che è Dio, cioè la vita dell'uomo, di ogni uomo, prezioso ai propri occhi, ma ancor prima agli occhi di Dio. Noi, con una tenacia degna del martiri che, per il loro ideale sono capaci di donare tutto se stessi, dobbiamo ritornare a Dio che ci invita ad usare il dono del coraggio.
    Un cristiano coraggioso, la comunità cristiana solidale e forte, piantata tra la gente come la fontana del villaggio che dona acqua agli assetati, sempre, ma in particolare in questo frangente storico in cui, davanti alle difficoltà individuali, di coppia, familiari, sociali, si ricorre al peggiore delle soluzioni, il suicidio o psicologico, o anche fisico, diventano un bene sociale e religioso dall'inaudita necessità. Torniamo, con lo slancio dei neofiti, a Dio e ritroveremo il gioioso coraggio di vivere.
    Torniamo a confidare in Dio, per mezzo di Gesù, suo figlio, e ritroveremo il coraggio che sbaraglia ogni pessimismo.
    Riscopriamo il valore comunitario di ogni vita e vinceremo la tentazione, sempre latente, di cadere nella esaltazione o nella disperazione dell'individualismo.
  2. E' necessario ammettere, con sincerità e compunzione, che siamo oggi tutti carenti di fede vera, che la Lettera agli Ebrei descrive in modo mirabile e che ognuno di noi è invitato a leggere, rileggere, magari anche in famiglia, parlarne tra sposi, tra genitori e figli, tra i nonni e le nuove generazioni. "Fondamento di ciò che si spera" viene definita la fede. Ma senza la speranza anche la fede non ha futuro. La speranza, a sua volta, chiede di superare la paura, che oggi impera, attraverso la virtù forte della fiducia reciproca.
    Cosa fa rinascere, crescere la fiducia dell' uomo con Dio, dell'uomo con l'uomo, dell'uomo con se stesso? C'è un unico, grande, immenso dono che porta ad aver fiducia, ma se non c'è, fa ricadere nel timore: è l'amore vero.
    L'amore riaccende sempre la fiducia.
    La fiducia, a sua volta, riaccende la speranza.
    La speranza conduce alla fede e la fede al Dio amante dell'uomo.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal