Omelie
Omelia del 16 maggio 2010 - Ascensione
ASCENSIONE - ANNO C - 2010
Alla domanda degli apostoli "è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?", Gesù rispose: "Non spetta a voi conoscere tempi e momenti che il Padre ha riservato al suo potere".
La dialettica, a volte imbarazzante, ma inevitabile, tra il potere temporale e l'annuncio del vangelo, è e sarà sempre presente anche all'interno della Chiesa: sete di potere e positiva libertà dal potere.
Non è che al vangelo di Cristo non interessi la realizzazione del potere temporale.
Anzi, il vangelo vuole scendere entro le strutture di ogni istituzione come la piaggia che penetra e vivifica la terra, perché dia i suoi generosi frutti. Ma il richiamo di Gesù, molto netto, è questo: "Se la Chiesa deve rivendicare il sacrosanto diritto di predicare ovunque il vangelo, che fa conoscere lo scopo della creazione e i fini dell'esistenza, non spetta alla Chiesa impossessarsi del potere temporale".
Cosa deve fare la Chiesa, per poter, con coraggio ed equilibrio, predicare tutto il vangelo e salvarsi dalla tentazione di diventare solo una potenza temporale, in mezzo a tante altre?
Deve superare la tentazione espressa dagli apostoli alla vigilia dell'Ascensione e accogliere perennemente l'invito di Gesù, suo testamento, prima di salire al cielo.
Disse loro: "Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni... fino ai confini della terra".
La solennità dell'Ascensione, se da una parte conclude la vicenda terrena di Gesù, il Dio fatto uomo, dall'altra segna l'inizio della Chiesa, che sarà sempre la Chiesa di Cristo, ma guidata dagli apostoli; ripieni dello Spirito Santo porteranno l'uomo a farsi Dio. Compito primo della Chiesa: essere testimone di Gesù, ovunque.
Risentiamo il racconto del congedo di Gesù dai suoi:
"Ecco io mando su di voi colui (lo Spirito Santo) che il Padre mio ha promesso; restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto". Continua l'evangelista: "Li condusse fuori e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato in su, in cielo". La liturgia ha il potere di rinnovare ora quello che Gesù fece storicamente allora.
Cristo è l'OGGI perenne. Noi siamo la Chiesa di Cristo nel tempo.
La nostra piccola comunità, che gode il privilegio di ascoltare la voce di Gesù, oggi lo sente dire: "Vado, ma torno a voi. Sarete battezzati in Spirito Santo".
Un dono eccezionale, destinato a noi. Ci chiede due cose:
- primo: la volontà di guardare sempre il cielo.
Dal cielo, sinonimo di Dio, abbiamo ricevuto tutto: la vita naturale e la vita soprannaturale.
Al cielo, cioè a Dio dobbiamo tendere, come fine ultimo.
Dio dobbiamo ascoltare ed interrogare, per fare le fondamentali e giuste scelte di vita. Dio parla attraverso la retta coscienza.
Quando siamo stanchi del quotidiano, possiamo riposare in Dio e dirGli con amore: "Padre nostro!". - Secondo: chi guarda il cielo e punta in alto, da Dio è inviato a diventare un efficiente costruttore di storia.
Chi può essere il messaggero di liete notizie più di coloro che, incontrato Dio e ascoltata la sua parola, si fanno portatori della verità tutta intera che è in favore dell'uomo?
Chi può amare se stesso e il prossimo più di coloro che sanno di essere così preziosi da essere amati da Dio ed essere annoverati tra i suoi figli prediletti?
Il vero credente in Cristo, pur abitando tra i suoi simili, può dirsi: "Sono stato scelto da Dio. Ne sono cosciente. Lui mi ama. Se lo amo, Egli viene ad abitare in me".
Il credente vero non è mai un peso sociale, non è un parassita, non è un perditempo. Il cristiano per scelta è un cittadino protagonista. Il credente in Cristo continua l'incarnazione storica di Gesù.
Gesù è colui che ha immesso nella natura umana l'onnipotenza divina. Il cristiano vero è colui che perpetua, a beneficio di tutta l'umanità, l'umanizzazione dei poteri divini fatti civiltà umana.
Gesù loda, non il pauroso, l'ozioso o l'egoista, ma colui che moltiplica, a beneficio di tutti, i talenti che ha ricevuto.
Il cristianesimo vero è ascensione, mai decadenza.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal