Omelie

Omelia del 21 marzo 2010 - Quaresima V

QUARESIMA V - ANNO C - 2010

La parola d'ordine di questa domenica è "novità".
Il Signore in persona proclama "novità" per mezzo del suo profeta per eccellenza, Isaia.
"Così dice il Signore: Ecco, io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Il popolo che io ho plasmato celebrerà le mie lodi".

  1. C'è analogia tra la congiuntura molto dura ai tempi di Isaia e la complessa crisi esistenziale che anche noi stiamo attraversando.
    Anche quando galoppava il boom economico imperversavano delle cassandre che facevano vedere solo il peggio.
    Oggi anche il più sprovveduto sente imperante una crisi vera e globale, che mina tutto e tutti, che sta intaccando ogni speranza, favorendo in tutti i modi il pessimismo, fino alle forme estreme.
    Artefici e vittime ad un tempo della crisi sono gli stessi protagonisti di quello che dovrebbe essere il porto sicuro cui approdare e da cui ripartire per le spedizioni del benessere globale.
    Sono malate la cultura, l'informazione, la cronaca...
    Sono malate le singole persone e le istituzioni come la famiglia, la scuola, le varie comunità, le associazioni...
    Sono ammalati tutti indistintamente i partiti e, di conseguenza, anche le democratiche istituzioni di governo...
    Anche la Chiesa soffre prove cocenti e persecuzioni umilianti.
  2. Cosa farebbe in questo contesto un profeta mediocre e timoroso?
    Fuggirebbe, al grido "si salvi chi può".
    Invece no, il nostro Dio, il Dio di Isaia, il Dio di Mosè, il Dio di Gesù Cristo, interviene con un messaggio controcorrente e annuncia: "Ecco, io faccio una cosa nuova".
    Raccogliamo la divina provocazione.
    Siamo certamente nell'occhio del ciclone.
    Potremmo dire anche noi: "Si salvi chi può!" e rifugiarsi ognuno nell'angolo più sicuro del proprio individualismo, magari usando l'arma della difesa al oltranza del proprio orticello, di un cristianesimo "fai da te", alzando barriere. Qualcuno lo fa, e come, anche a nome del cristianesimo. Siamo ad un bivio.
    C'è chi sfodera tutte le sue doti dialettiche per incolpare ed impallinare tutti e tutto.
    Non è difficile brillare oggi nelle diagnosi dei mali sociali.
    E' necessario anche questo, ma, se assolutizzato, diventa forse il peggiore dei rimedi, perchè può portare alla morte della speranza.
    Certe forze sociali, del dissenso per il dissenso, presentano sempre, solo e tutto il male per invocare rimedi violenti.
    La diagnosi dei mali sociali è utile e necessaria, ma ancor più necessaria ed utile è la terapia da proporre e da affrontare con lucidità e perseveranza fino alla fine. La Chiesa è su questo fronte.
    Infatti la nostra cultura, che affonda le radici nella fede nel Dio di Gesù Cristo ed in Gesù Cristo Dio, proclama: "Ecco, faccio una cosa nuova". I cristiani, per loro intrinseca natura, non possono rassegnarsi alla sconfitta ed al ripiegamento in un groviglio di piccoli egoismi. La nostra meta è sempre la Pasqua di risurrezione, anche se è necessario passare attraverso il crogiolo delle crisi, a volte le più estreme, come la persecuzione, il martirio, la sofferenza e la morte.
    Tre sono le armi che portano alla rinascita le persone e le istituzioni in genere: la capacità di ammettere ed analizzare i propri errori, la fiducia di poterli estirpare con il pentimento e il perdono, la sicurezza che il motore della storia individuale e sociale non è l'egoismo, ma l'amore che è capace di chiedere e donare il perdono, di suscitare il pentimento sincero e rigenerante.
    IL "chi è senza peccato scagli la prima pietra" del Maestro deve indurci a rivedere la nostra situazione personale, per capire se siamo come quegli scribi e farisei che accusarono l'adultera per occultare le loro colpe.
    Chi si dichiara sempre e comunque innocente, chi si autoassolve, difficilmente sarà capace di capire e di perdonare i colpevoli.
    Chi veramente ama, con l'amore che fa nuove tutte le cose, allora saprà passare al perdono e alla rinascita dei rapporti sociali, premessa per una ripresa del bene che sta nel mettere, a beneficio di tutti, i talenti che natura, buon volontà e grazia gli hanno donato.
    Più che mai oggi qualcuno ha bisogno di speranza. Diamola.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal