Omelie

Omelia del 17 gennaio 2010 - Per Anno II

PER ANNO II - ANNO C - 2010

  1. Per mezzo del profeta Isaia il Signore nostro Dio continua nel tempo a proclamare: "Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada".
    Questa è Parola di Dio; è una Parola che ci riempie di stupore e ci nutre di speranza; Parola continuamente all'opera: fa quello che dice. "Non tacerò!" dice il nostro Dio.
    Uno dei nomi di Dio è "Logos", "Verbum", "Parola".
    Dio, per sua ammissione, dice di essere in dialogo con noi, senza concedersi riposo.
    Cosa spinge Dio ad essere Parola così appassionatamente presente ed operante entro la nostra storia quotidiana?
    Forse per dimostrarci la sua signoria, il suo potere sovrano, il timore di essere da noi scavalcato, la pretesa di sostituirsi ai nostri limiti, l'orgoglio di manifestare la sua potenza, o altro di simile?
    No! Lui stesso svela il motivo per cui ha deciso di essere sempre entro la nostra storia, come un insostituibile compagno di viaggio, che non vuole sostituirsi a noi, ma collaborare con noi, per raggiungere il nostro fine che è la universale salvezza, per mezzo della giustizia. Egli stesso con passione dichiara il "perché" di questa scelta: "Per amore di Sion, per amore di Gerusalemme".
    Perché Dio è così determinato nel dire, nel parlare, nell'intervenire, nel chiedere ascolto, nel proporre dialogo, nel non darsi pace fin tanto che non registra il nostro ascolto e il nostro sì?
    Chiedetelo agli innamorati veri (se ce ne sono ancora!).
    L'innamorato non può tacere il suo amore, non sa darsi pace fin tanto che non riesce a farsi ascoltare, a farsi amare per poter amare con tutto se stesso.
    Dove l'amore di Dio è accolto, lì si realizza la "salvezza".
    Gli innamorati (non per interesse economico, temporale, materiale ma per amore puro, interiore, disinteressato, pronto a dare più che a chiedere), se corrisposti, come dice il profeta, si chiameranno reciprocamente "mia gioia".
  2. Cosa fa Dio nei nostri confronti?
    Strano, ma vero: fa l'innamorato.
    Quale messaggio ci sta inviando?
    Ce lo dice per mezzo del profeta: "Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te".
    A noi, (che oggi siamo immersi in questo Dio che ci parla da innamorato e parla proprio a noi), non ci resta che aprire le orecchie del cuore e della mente e rispondere da innamorati a questa voce che non tacerà. Gli diciamo: "Vieni Signore Gesù".
    Scrivendo ai cristiani di Corinto l'apostolo Paolo ci insegna come accogliere Dio, per mezzo di Gesù e come rispondere a Dio ed ai fratelli, con lo stile di Gesù, fino divenire la profetizzata sposa di Dio. Ci dice che nessuno di noi è copia di qualcuno, né di oggi, né di ieri, né di domani, ma che siamo una originalità preziosissima. Non sempre le originalità, che in se stesse sono una vera e propria ricchezza, sono facile presenza operativa.
    Lo scopo per cui Dio ad ognuno ha dato doni preziosi e diversi, è il bene comune. Solo il bene comune discerne i carismi.
    Il bene comune chiede alle diversità di tendere all'unità.
    Chi favorisce in tutti i modi e crea unità, edifica nel tempo il Corpo di Cristo, cioè la Chiesa, la sposa promessa.
    Ma chi guida all'unità le diversità dei cristiani?
    Non lo spirito dei nostri piccoli super "io", che suscita divisioni, ma lo Spirito Santo, che insegna perché, come, quando e quanto dobbiamo dare di noi, per l'edificazione, qui ed ora, del corpo di Cristo, di cui siamo le membra vive.
    Per compiere questo miracolo è necessario chiedere con Maria a Gesù di cambiare l'acqua in vino, cioè di portarci alla convinzione operativa che la civiltà cristiana sta nel seguire la legge di Cristo che non vuole divisione, ma armoniosa collaborazione tra carismi, attualizzando così la profezia di Isaia: "Per amore non tacerò".
    Le altre strade dividono il Corpo di Cristo e rendono perdente il cristianesimo.
    Oggi risuoni per tutti e su tutti i cristiani la "chiamata" all'unità.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal