Omelie

Omelia del 13 dicembre 2009 - Avvento III

AVVENTO III - ANNO C - 2009

Due imperativi ed una triplice domanda lampeggiano sulla lavagna luminosa della liturgia della Parola di questa domenica e sono:

  • "Rallegrati figlia di Sion"; "Siate sempre lieti";
  • "Maestro, che cosa dobbiamo fare?".

Non dimentichiamolo: la Parola di Dio è uno dei sacramenti della presenza reale di Dio tra noi ed in noi.
La Parola di Dio scende tra gli uomini come la pioggia.
Non ritorna in cielo senza aver prodotto ciò che è in suo potere, cioè di soddisfare le esigenze vitali di ogni essere vivente. Noi, i destinatari della Parola di Dio, che cosa facciamo per accogliere la Parola, con la presenza puntuale, con l'ascolto attento, con la selezione tra seme e seme, con la personalizzazione di ogni parola uscita dalla bocca di Dio, o attraverso la mediazione imperfetta dei profeti, o direttamente attraverso Gesù, la Parola di Dio, che, dove è ascoltato, entra, e dove entra, genera vita?
Cristiano, dove sei quanto Dio parla?
Cristiano, cosa fai della parola che Dio ti invia?
Cristiano, che posto dai alla parola di Dio, rispetto alle altre?
Cristiano, tu che stai ascoltando il Gesù della storia che si è fatto il Gesù della fede, che ti parla proprio attraverso questa celebrazione liturgica, tu che assiduamente sei presente alle messe domenicali, o ti trovi qui occasionalmente, ma provvidenzialmente, a condividere il dono della Parola di Dio dato a chi ha orecchi per intendere,... perché non ti fai la grande domanda che i pellegrini del Giordano posero in massa a Giovanni il Battista?
A volte basta una domanda di fondo per riassumere tutta la nostra problematica sulla vita.
A volte basta una risposta incisiva, tagliente, personalizzata per far cambiare tutta una vita o in bene, o in male.
Oggi abbiamo l'opportunità di sentire la domanda che salva posta a Dio, che il profeta Sofonia così presenta: "Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un Salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia".
Arriviamo alla domanda scarna, essenziale, forte, determinante, capace di suscitare una risposta che può cambiare la vita.
Chiesero le folle, chiesero i professionisti del mondo del lavoro e dell'economia, chiesero i soldati di mestiere al Battista, il precursore di Gesù: "Maestro, che cosa dobbiamo fare?".
Prima risposta: "Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha".
Lo ripetiamo, e spesso con parole al vento: non è cacciando i bisognosi, indiscriminatamente, compresi gli innocenti che chiedono solo la possibilità di sopravvivere, che pratichiamo la giustizia, ma promuovendo mentalità, culture, amministrazioni, politiche di sviluppo e non di sfruttamento, come è stato fatto fino ad oggi dai paesi ricchi nei confronti dei paesi più poveri.
Nel piccolo, tra noi, che non ci sia un vicino di casa che patisce indigenza, perché nessuno vuole condivide con lui il necessario per vivere dignitosamente.
Seconda risposta: "Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato". Giovanni parla ai pubblicani, che stozzavano la gente con le tasse e le sovrattasse. Le tasse sono un capitolo che non può non interrogare seriamente la legge morale che deve guidare le azioni dei cittadini e delle istituzioni.
Da noi è in atto un contrasto che vorremmo si sanasse: da una parte il cittadino cerca in tutti i modi di evadere le tasse; dall'altra lo Stato che, conoscendo i difetti dei cittadini, impone leggi fiscali in parte inique, perché colpiscono in modo eccessivo soprattutto quanti non sono in grado di poter evadere.
Come cristiani, alla domanda "cosa fare?", insistere che tutti, specialmente i benestanti, paghino le tasse e che il legislatore chieda equamente e, con sollecitudine, giustizia ed equità, sappia anche ridistribuire.
Terza risposta: "Non maltrattate...".
Quanti, per professione, sono la mano forte dell'ordine e del potere, non lo esercitino in modo inumano. Anche il peccatore è persona umana e va trattata sempre come persona, con lo scopo primario di redimere e rimettere in società il cittadino risanato moralmente. Guardiamoci dai fondamentalismi sia religiosi che politici!

Il parroco: don Rinaldo Sommacal