Omelie

Omelia 1 novembre 2009 - Tutti i Santi

TUTTI I SANTI - ANNO B - 2009

  1. Per guidarci a capire la ragione della solennità di Tutti i Santi, l'apostolo Giovanni ci scrive: "Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui". Ci voleva una giornata speciale, tutta concentrata sul nostro futuro che in Dio è già un "oggi", per dirci che noi siamo veri "figli di Dio", chiamati, quindi, a condividere nientemeno che il gaudio di Dio.
    "Ciò che saremo non è stato ancora rivelato" insiste l'apostolo.
    In parole povere, l'apostolo ci insegna che la vita dell'uomo, per volontà di Dio, una volta concepito, si articola in due fasi:
    primo: il tempo del credere e del meritare;
    secondo: il tempo del vedere, del possedere e del godere.
    La fede suppone la prova. La fede non è mai una evidenza.
    L'evidenza, quando ci sarà, spegnerà la fede e si sostituirà ad essa.
    Ma, senza la prova della fede, non c'è il merito di credere a quello che Dio ci dice e crederci con tutto noi stessi.
    Il principale merito dell'homo sapiens è quello di credere in Dio e di crederGli senza riuscire a capirlo.
    Si crede a Dio, perché Dio c'è e non può ingannare.
    Se Dio dice all'uomo: "Tu sei mio figlio", l'uomo, solo con la forza della fede, potrà affermare: "Sì! Credo! Io sono figlio di Dio!".
    Fatto questo atto di fede, l'uomo si merita il titolo di credente vero.
    Chi crede con la vita realizza ciò che Giovanni apostolo afferma: "Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro". Ed ecco che, su questa strada, la fede del credente diventa per il credente la principale fonte della speranza.
    Possiamo ben dire che la festa di Tutti i Santi è la fede che si fa tripudio di speranza.
    La speranza sgorga dal credere fermamente che "saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è".
  2. Nel tempo della fede che spera e della speranza che crede, Dio per mezzo di Gesù, suo figlio, attraverso il quale anche noi siamo stati rigenerati in figli suoi, ci detta le strade da percorrere, che portano alla sospirata beatitudine che nessuno, all'infuori di Dio, può donare all'uomo, per sempre, a seconda dei meriti.
    Quali queste strade?
    Quelle sulle quali deve camminare ogni giorno l'intera umanità.
    Il pellegrinaggio dell'uomo sulla terra è una perenne singolar tenzone tra il bene ed il male .
    Chi sarà colui che potrà tagliare il traguardo della beatitudine promessa da Gesù, il figlio di Dio?
    Non colui che vuole, ad ogni costo, tutto e subito, calpestando l'onestà, ma gli umili, i giusti, i puri ed i retti di cuore.
    Dio va controcorrente e contesta quanti vorrebbero sostituire l'eternità con il presente, dando a pochi il paradiso in terra, realizzato con il sudore delle moltitudini rapinate.
    Dio indica la strada attiva e passiva alla beatitudine.
    Passiva: sei colpito da una qualsiasi sofferenza? Sentiti unito a Cristo che ha scritto con il suo sangue la nuova ed eterna alleanza.
    Attiva: sei baciato dalla fortuna? Diventa il buon samaritano che aiuta, con gioia, il povero e il sofferente a ritornare alla dignità di essere persone umane amate e rispettate.
  3. Se così è, rileggiamo la pagina dell'Apocalisse per capire come sarà quel "dopo" che non è stato ancora rivelato".
    Dice il veggente: " Apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua, tutti stavano davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide... e gridavano: la salvezza appartiene al nostro Dio e all'Agnello".
    E' come se, al credente che spera e a colui che spera aumentando la sua fede, venisse aperto un pertugio, attraverso il quale gli sia concesso di pregustare una sfolgorante scintilla di quello che sarà il promesso regno dei cieli, il paradiso, lo stato di vita beatificante, partecipato a quanti avranno su questa terra "lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell'Agnello". In Lui la salvezza! Ecco la grande differenza tra credere e non credere:
    chi non crede, spegne la speranza nella risurrezione.
    Chi crede, semina speranza, perché morirà nel Risorto.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal