Omelie

Omelia del 23 agosto 2009 - Per Anno XXI

PER ANNO XXI - ANNO B - 2009

Giosuè ereditò da Mosè, in vista della Terra Promessa, un popolo stanco, demotivato, più propenso a criticare Dio anziché amarlo sopra ogni cosa e seguirlo con santo orgoglio.
Indisse un'assemblea paraliturgica al di là del fiume Giordano, che avrebbero varcato a breve.
Prima di annunciare il suo programma politico, Giosuè propose e chiese al popolo ed ai suoi capi una radicale scelta di fede: "Sceglietevi oggi chi servire: il Signore o gli dei che i vostri padri hanno servito oltre il fiume?".
Poi, in quanto autorità suprema del popolo d'Israele, Giosuè proclamò: "Quanto a me e alla mia casa, servirò il Signore".
Quale la risposta?
Finalmente l'intero popolo di Dio, con un sussulto di riacquistata e convinta identità, solennemente disse: "Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi".
Qualcosa di analogo propone a noi l'odierna liturgia, dopo di averci fatto meditare per settimane il lungo discorso che Gesù fece circa "il pane vivo disceso dal cielo" che dà la "vita eterna" a chi lo mangia.
A quella immensa folla che lo seguiva, nuovo popolo di Dio, dopo il miracolo da tutti vissuto, Gesù rivolse la proposta ultimativa: o con Me, che sono il figlio del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei vostri padri..., o contro di Me, scegliendo maestri meno esigenti e di comodo. Qui Gesù non parla del primo annuncio della Buona Novella.
Qui non è in gioco il perenne "mandato" di Gesù di andare in tutto il mondo e di predicare il suo Vangelo a chi non lo conosce. Quel comando viene prima e continua ad essere nel tempo il primo imperativo: cioè portare Gesù a tutti, perché tutti lo possano conoscere, accogliere ed in lui identificarsi.
Il discorso fatto da Gesù sul suo essere "il pane di vita eterna", disceso dal cielo e inviato a noi dal Padre suo, perché tutti ne mangino, è un discorso che si rivolge a quanti già lo hanno conosciuto, ascoltato, visto i "segni" da lui compiuti che rivelano la sua divinità e per questo lo hanno seguito come il Messia promesso.
Il discorso eucaristico fatto da Gesù e riportato così drammaticamente dall'evangelista Giovanni, è un discorso duro e meraviglioso insieme, oggi rivolto, parola per parola, a noi cristiani.
Duro, poiché si tratta di credere a Gesù, una persona in apparenza come noi, ma che ci dà la prova certa di essere Dio. Ragioniamo:

  • io gli credo, non perché con la mia intelligenza lo capisco;
  • con la mia intelligenza e libertà sono arrivato, però, a capire che Egli, per quello che fa, è Dio. Allora ferrea logica vuole che io gli creda anche quando non lo capisco.

"Ma allora, obiettano gli intellettuali, la fede va contro la ragione!".
E' vero il contrario: Dio chiede che tutta la mia ragione sia in azione, per verificare quello che Gesù ha detto e ha fatto.
Dio è verità; Dio non può mai essere contro la verità.
Ora Gesù, con segni evidenti, ha dimostrato di essere Dio, quindi è assolutamente ragionevole credere a Gesù, perché è Dio.
Credere a Gesù diventa allora paradiso in terra, poiché quello che ha detto circa il pane disceso dal cielo, cioè circa il suo donarsi a noi, (piccoli, umili, per di più peccatori, a volte presuntuosi fino a criticarlo, quasi fossimo noi a dovergli insegnare qualcosa), quello che ha promesso con giuramento e realizzato è il dono più sconvolgente ed esaltante che un essere umano possa immaginare.
Io, infima creatura, sono invitato alla tavola imbandita da Dio Padre per i suoi figli. Mi offre come cibo il suo stesso figlio fattosi realmente presente in un piccolo pezzo di pane su cui, con la nostra voce di sacerdoti concelebranti, Gesù dice: "Questo è il mio corpo".
Chi non crede, perché non vuole abbandonare la sfera della ragione pura, temendo di inquinarla con la ragione della fede, anche se battezzato, entra di fatto nel numero di quanti, sentito Gesù, non gli hanno creduto e "tornarono indietro".
E noi? Usciamo dalla monotona abitudine di essere cristiani.
Tra poco, recitando il credo, proclamiamo con gioia con Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio".
Allora "beati gli invitati alla Cena del Signore".

 Il parroco don Rinaldo Sommacal