Omelie
Omelia del 2 agosto 2009 - Per Anno XVIII
PER ANNO XVIII - ANNO B - 2009
- La prima lettura ci racconta che "nel deserto tutta la comunità degli israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne". La mormorazione non è mai una virtù, è sempre un aspetto negativo della convivenza.
Ogni comunità, nel corso degli eventi, proponendosi di raggiungere il bene di tutti, è chiamata a verificare con oggettività e franchezza i propri modi di pensare, di decidere, di operare.
Anche la più perfetta delle istituzioni commette degli errori ed è soggetta ad imparziali e necessarie verifiche.
Lo spirito critico, che fa crescere corresponsabili tutte le persone, è uno spirito positivo, che esalta la verità e spiana le strade alla giustizia, che a sua volta è un modo per realizzare la carità.
La mormorazione, invece, è un aspetto negativo della vita comunitaria.
La mormorazione normalmente la si fa alle spalle della gente, per cui, a volte, tutti la conoscono, meno l'interessato.
La mormorazione, anche se contiene una parte di vero, è sempre sbagliata nel metodo.
La mormorazione non si propone di correggere, ma di colpire e far del male.
Spesso la mormorazione raggiunge i suoi scopi ed è capace di minare la fiducia nella persona presa di mira.
Se questa persona è in autorità, tutta la comunità viene colpita.
La mormorazione non disdegna di servirsi anche della calunnia.
In tal caso, giacché sia la mormorazione che la calunnia sono malattie contagiose, povere quelle famiglie e quelle comunità dove tale zizzania attecchisce.
Via la mormorazione, via la calunnia, ben venuta la sincerità, guidata dalla verità nella carità. E' questa la politica del vangelo. - San Paolo agli efesini scrive: "...vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani!".
Per Paolo il modello del cristiano è giustamente Gesù.
Il cristiano è un perenne discepolo di Cristo.
Davanti ad ogni scelta importante da prendere il cristiano si chieda: "Cosa farebbe al mio posto Gesù?".
Già l'interrogativo diventa un prezioso aiuto, per stimolare la coscienza a scegliere secondo Dio.
Perché diciamo questo?
Perché, davanti a scelte che hanno una rilevante importanza e interpellano la nostra coscienza; scelte che possono incidere sia sulla nostra vita individuale, ma anche familiare e comunitaria, noi cristiani spesso ci comportiamo come tutti, basandoci unicamente su motivi contingenti, poco cristiani, rivestiti di egoismo, di opportunismo.
Chiediamoci più spesso e con sincerità: "Come sceglierebbe Gesù? E perché farebbe questa scelta? Sarei capace di andare contro corrente, se Gesù me lo chiedesse?". - Infine, il famoso capitolo sesto del vangelo di Giovanni.
E' la continuazione di quello di domenica scorsa.
Ci accompagnerà per più domeniche.
Si incomincia a capire perché Gesù compì lo strepitoso miracolo della moltiplicazione dei pane e dei pesci.
Gesù volle porre le premesse per un discorso del tutto nuovo.
Alla folla che lo cercava con ogni mezzo, sospinta dal miracolo a cui aveva assistito, senza mezzi termini Gesù disse: "Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati".
Domanda: "Noi, meditando quel miracolo, abbiamo visto i "segni"?"
Quello che Gesù dice e compie ha sempre valore di segno.
Il segno religioso è qualcosa di visibile, a cui tutti possono arrivare con l'aiuto dei propri sensi, ma che, poi, va letto e creduto con il linguaggio della fede. In tal caso il "segno" che si fa "sacramento".
Gesù ha moltiplicato il pane. La gente si è fermata al fatto in sé e lo vorrebbe perpetuare.
Al popolo che gli chiede: "Dacci sempre di questo pane", Gesù muove un rimprovero: "Non avete visto i segni!". Quali?
Gesù rispose: "Io sono il pane della vita", cioè "io sono il segno".
Da qui ripartiremo domenica prossima.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal