Omelie

Omelia del 28 giugno 2009 - Per Anno XIII

PER ANNO XIII - ANNO B - 2009

E' strano leggere dell'Antico Testamento pagine come quella udita or ora tratta dal libro della "Sapienza", libro squisitamente didattico. Dell'immortalità dell'uomo nella prima alleanza si parla di solito in modo nebuloso, incerto, dubbioso, problematico.
C'era una scuola ad alto livello, quella dei sadducei, che negava decisamente la risurrezione dei morti.
Qui troviamo, invece, una coraggiosa e splendida affermazione.
Dice il libro della Sapienza: "La giustizia è immortale. Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura". Il libro della Sapienza deve ammettere la realtà della morte che tutti rapisce.
Però aggiunge: "la morte non viene da Dio, ma dal maligno".
Noi, le cui radici sono ben piantate nel Dio di Israele, con stupore facciamo nostra l'affermazione appena udita e che dice "Dio ha creato l'uomo per l'incorrutibilità".
Siamo con quanti, in tutte le parti del mondo, seguendo un bisogno che sgorga spontaneo e profondo dal cuore di ogni uomo, pensano e credono che, anche dopo la morte corporale, ci sia una vita, un dopo, una sopravvivenza, una qualche immortalità.
Conserviamo la tradizione ebraica che riserva alla sepoltura ed al culto dei morti una grande importanza.
Dobbiamo stupire di fronte alle antichissime civiltà degli Egizi, dei Maja e di tutte le innumerevoli altre che ci hanno tramandato, come segni perenni della loro visione della vita, i monumenti innalzati in onore dei loro defunti, pubblica professione di un al di là. Come si spiega questo bisogno che sgorga universale ed all'unisono, in favore della sopravvivenza dopo la morte?
Ce lo dice il brano che stiamo meditando: "Dio ha fatto l'uomo ad immagine della propria natura".
Dio non è Dio se non è immortale, perché eterno.
L'uomo, immagine di Dio, non è uomo se non è "incorruttibile".
Noi, rigenerati dalla nuova alleanza in Cristo, possediamo ora la risposta a quegli interrogativi che rimasero solo una domanda nella prima alleanza. Noi non abbiamo una semplice paginetta che ci insegna qualcosa sulla risurrezione, ma che ignora il come, il quando, il perché.
Gesù, la stessa divina Sapienza incarnata, è presente tra noi e ci insegna apertamente la risurrezione dei morti.
Non solo, ma anche volle subire liberamente la stessa nostra morte, per vincere a nome di tutti la morte con la risurrezione.
Proclamerà: "Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se è morto, vivrà".
L'interprete massimo di Gesù, l'apostolo Paolo afferma perentorio: "Se Gesù non fosse risorto, se non ci fosse risurrezione dei morti, vana sarebbe la nostra fede".
Lo diciamo non con la presunzione di chi è nel vero, ma con l'umiltà di chi ama il fratello che non ha questa fede e, più si avvicina l'ora, più si chiede con sgomento: "Cosa sarà di me?".
Confermando la nostra fede nella risurrezione, preghiamo con fervore, perché tutti arrivino a questa verità che appaga ogni più scomodo interrogativo. Nulla toglie, tutto dona, gratuitamente.
Lo diciamo, anche per realizzare il richiamo che Paolo apostolo rivolge ai Corinti, di essere generosi con i bisognosi e non arroccati in difesa dei propri beni, siano essi economici, ma ancor più affettivi, morali, spirituali, religiosi.
Siamo chiamati a dare aiuti economici ai bisognosi, ma anche esempi di vera fede vissuta e di onestà a tutta prova!
Paolo non fa che predicare il vangelo di quel Gesù che, dal primo all'ultimo giorno di vita pubblica non ha fatto altro che aiutare tutti con la parola, con l'esempio, con la disponibilità, con il perdono, con le guarigioni, fino a risuscitare dei morti quando il bene di tutti lo richiedeva. In nome di Cristo attenti a non respingere Cristo respingendo un "poverocristo" che chiede aiuto.
"L'ospite è un dono di Dio" dicevano i nostri antenati più poveri di noi di benessere economico, ma forse più ricchi di amore fraterno.
Certi aiuti per certe persone sono come il "Talità kum" di Gesù.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal