Omelie
Omelia del 19 aprile 2009 - Pasqua II
PASQUA II - ANNO B - 2009
- La Pasqua è per noi cristiani il sinonimo della risurrezione di Gesù, quindi la pietra d'angolo della nostra fede.
"Pace a voi", dice il Risorto comparendo ai suoi discepoli, sia in quel giorno, come otto giorni dopo.
Il primo messaggio della Pasqua di Cristo è, dunque, la pace.
Gesù, il vittorioso, non parla di vendetta contro chi lo accusò con infamie, lo condannò a morte e lo appese alla croce.
Gesù, vinta la morte, e, con la morte, vinti i peccati di tutti gli uomini e di tutti i tempi, non invoca vendetta, ma dona la pace.
E' un saluto che diventa un vangelo, da vivere in prima persona e da predicare, esportandolo in tutte le parti del mondo. Indicata la pace, Gesù consegna ai discepoli, quindi alla sua Chiesa, quindi a noi, il dono con cui donare efficacemente al mondo la pace.
Il dono, più volte promesso quando ancora non capivano gran che, è lo Spirito Santo, la nuova misteriosa presenza di Cristo che renderà la Chiesa, fatta di peccatori, una comunità che diffonderà nel mondo, fino alla fine dei tempi, la Pasqua del Signore, cioè la vittoria del bene sul male e la risurrezione finale per tutti.
Con l'aiuto dello Spirito Santo, cosa dovranno fare, sempre e ovunque i cristiani, la Chiesa? Lo dice il Risorto: "A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati".
Il primo compito nostro è quello di imitare Gesù: perseguitato innocentemente e proprio a causa della sua scomoda innocenza, disse:"Padre, perdona loro". Il perdono: l'unica vendetta di Gesù. A noi, fortemente portati a rispondere alla pari se non peggio a chi ci ha offeso, Gesù perdona, ma anche ci comanda di perdonare.
Pietro, quasi scandalizzato per questo insegnamento del Maestro, gli chiede:"Quante volte dobbiamo perdonare?". Gesù senza esitazione gli risponde: "Sempre!".
Non è facile perdonare, soprattutto quando l'offesa colpisce noi.
Gesù lo sa e ci dà l'esempio. Prima di chiedercelo, ci perdona.
E' in forza del perdono che esperimentiamo su di noi che poi riusciamo a essere più indulgenti con chi ci fa del male in parole o in opere.
Gesù risorto prese per mano Pietro e lo portò lungo il lago.
Pochi giorni prima Pietro lo aveva rinnegato.
Si aspettava da parte di Gesù una severa condanna.
Invece Gesù, in modo commovente, ci dà una lezione su come accostare chi ci ha fatto del male. Quasi fosse lui il colpevole, chiese a Pietro, per tre volte: "Mi ami tu?".
Tre volte lo aveva rinnegato. Tre volte Gesù gli chiese: "Mi ami?". Per tre volte Pietro, con il rimorso che gli cresceva in cuore, commosso per il modo con cui Gesù lo rimproverava per il peccato, gli confessò: "Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo".
Per penitenza Gesù gli consegnò i suoi stessi poteri, i poteri del pastore che, con autorità, dovrà guidare il gregge ai sicuri pascoli. - Ma Gesù inaugura l'ottava di Pasqua, che diverrà la Pasqua della settimana e che riporterà alla fede quanti, pur avendolo ricevuto con il battesimo, si trovano a ricadere nel dubbio:
"Dio! c'è o non c'è? Ma quale Dio? Chi è Gesù Cristo? E' esistito veramente? E veramente figlio di Dio? E' veramente risorto? Cosa ci aspetta dopo questa vita? Ci sarà l'immortalità, la risurrezione, la vita eterna? Che fine faranno i giusti? Cosa sarà degli ingiusti incalliti? E'compatibile Dio con tutti i disastri che succedono?".
Davanti a questi inquietanti interrogativi Gesù ha un atteggiamento dolce e deciso nello stesso tempo:
A Tommaso, il patrono dei dubbiosi, Gesù, otto giorni dopo la Risurrezione, inaugurando la Pasqua della settimana, la nostra domenica di cui non dovremmo mai fare senza, disse: "Guardami! Toccami! Esperimentami! Penetrami. Abita entro di me. Non lasciarmi mai per nessun motivo. Non essere incredulo, ma credente".
Gesù è apparso in modo tale da non lasciare alcun dubbio.
Cosa gli vogliamo chiedere ancora in più? Che compaia, da risorto, ad ognuno di noi? Ma allora dove andrebbe la grande virtù della fede? Gesù ci dice:"Beati voi che crederete senza aver visto".
Con Tommaso ripetiamo: "Mio Signore e mio Dio!".
Il parroco: don Rinaldo Sommacal