Omelie

Omelia di domenica 18 novembre 2007 - Per Anno XXXIII

PER ANNO XXXIII - ANNO C - 2007

  1. Il tema di fondo di questa domenica lo annuncia la preghiera di "colletta" che ci fa dire: "O Dio, principio e fine di tutte le cose, che raduni tutta l'umanità nel tempio vivo del tuo Figlio...".
    Si annuncia una fine. Si parla di un raduno di "tutta l'umanità".
    Tale notizia, dataci per certa da chi ha il potere di amministrare in modo infallibile la verità, suppone due cose sicure:
    • primo: che l'ora della fine del mondo è già stabilita, ma che nessuno, tranne Dio, la conosce. Quel "tutta", riferita all'umanità, ci fa dire con certezza che si tratta del giudizio universale.
    • secondo: è necessario che, colui che raduna, abbia il potere di convocare e la capacità di giudicare.
      Chi ha il potere supremo e unico di chiamare a raccolta e giudicare l'umanità? Uno solo, Dio: creatore e signore del cielo e della terra.
  2. Tagliato il traguardo ultimo della storia, in quale aula di tribunale Dio intende radunare tutti gli uomini?
    Il luogo del raduno non sarà un insufficiente pezzo di terra, ma una persona dall'infinita ed inesauribile capacità di accoglienza.
    Gesù, il Figlio di Dio, tempio riedificato con la risurrezione, sarà il grande santuario entro cui verranno convocate tutte le genti.
    Perché questo? Perché oggi siamo noi le membra del suo corpo.
    Ogni persona concepita dall'uomo, per volontà di Dio è un chiamato ad essere un suo figlio, in Cristo Gesù.
    La divinità di Gesù sarà, alla fine dei tempi, il tempio universale dove si raduneranno le innumerevoli moltitudini.
    Il figlio di Dio ha chiesto a noi l'umanità per poterci dare la sua divinità.
    Nella cosmogenesi è in atto anche una inarrestabile cristogenesi.
    Alla fine dei tempi, come dice "colletta", tutta l'umanità ritornerà a Dio Padre, cristificata per mezzo del Figlio suo.
    E' una verità strepitosa che, pur misteriosa, chiede di essere sempre più approfondita, soprattutto pregata e contemplata.
    Quanti, o per le strade della evangelizzazione e dei sacramenti, o per le strade della retta coscienza, avranno operato per il trionfo del bene sul male o si saranno liberati per tempo dal demone dell'odio a Dio e ai fratelli, costoro alla fine dei tempi si troveranno radunati nel tempio vivo del Figlio di Dio, che li presenterà al divin Padre come la sua nuova identità.
    Dio Padre, in comunione con lo Spirito Santo, solennemente proclamerà sull'umanità salvata: "Tu sei il figlio che Io ho generato". Avranno, così, inizio i cieli nuovi e la nuova terra.
  3. Malachia, con parole roventi, Luca con immagini apocalittiche, ci scuotono dall'inerzia, perché non abbiamo da perdere il contatto con i misteri delle realtà ultime che noi siamo chiamati a preparare nel tempo, battagliando contro la superbia, l'ingiustizia e la paura.
    Noi siamo ancora nei tempi intermedi.
    Non sappiamo, né possiamo conoscere né il giorno, né l'ora, ma siamo entro la storia che sta silenziosamente compiendo la salvezza, in forza del nostro accogliere Cristo qui e ora.
    Niente ozio nelle file dei cristiani. Tocca a noi testimoniare al mondo Colui che viene e che verrà: l'Emmanuele. Ognuno ha un suo mattone da porre nella costruzione della casa comune, che è la storia della salvezza dell'umanità.
    Questo mattone non è fatto di argilla che oggi c'è e domani sarà distrutta. I mattoni che noi siamo chiamati a porre con la nostra vita sono fatti con acqua e argilla speciali: l'acqua che vivifica è l'amore che riceviamo continuamente da Dio in Cristo; l'argilla siamo noi resi duttili dall'amore per Dio e per il prossimo. Chi ci chiede tutto questo e chi lo valuterà in modo giusto?
    Colui che "colletta" definisce "principio e fine di tutte le cose", cioè Dio. C'è da aver paura di questo raduno finale in vista del giudizio supremo, infallibile e definitivo?
    In parte sì, se si tratta di quel timor di Dio che ci stimola a sprigionare le nostre energie positive, che ci fanno fuggire l'ozio o, peggio, l'egoismo. Ma non deve essere la paura il lievito del nostro vivere bene. Chi è stato innamorato o di una persona, o di un ideale, o di una professione sa che non c'è maggior stimolo a fare che l'amore. Allora "nemmeno un capello del vostro capo perirà".

Il parroco: don Rinaldo Sommacal