Omelie

Omelia di domenica 26 agosto 2007 - Per Anno XXI

PER ANNO XXI - ANNO C - 2007

  1. Nel brano che oggi la liturgia ci propone, Isaia profeta, con occhio d'aquila, scruta il futuro remoto, vede lontano e profetizza i tempi ultimi del progetto "salvezza" che Dio ha promesso all'umanità e che il Messia porterà a compimento.
    "Io verrò" dice il Signore di Isaia, il Signore dell'alleanza.
    Quindi il Dio di Isaia, che è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, di Gesù Cristo, è un Dio presente nella storia dell'uomo.
    Dio viene come e quando vuole. Promette e mantiene.
    Può arrivare direttamente alle singole persone, illuminando le loro coscienze, che ricevono, per grazia, quello che altri imparano per le strade della educazione e della evangelizzazione (es. S. Paolo).
    Dio normalmente si avvicina agli uomini attraverso altri uomini: i genitori per i figli, gli amici agli amici, ma anche attraverso persone che Dio si è scelto ed ha inviato per strade a volte limpide ed evidenti, spesso misteriose: è il caso dei profeti, degli uomini di Dio e delle strutture che Dio ha scelto per tale compito, come il "popolo ebreo" nella prima alleanza e la Chiesa di Cristo nella seconda e perfetta alleanza.
    Lo scopo di queste persone intermedie non è quello di farsi un gruppo di saggi, che, ricevuta la rivelazione, si rinchiudono in se stessi, orgogliosi di possedere la verità, la perfezione e la salvezza.
  2. Se così facessero, riceverebbero la risposta che Gesù diede al suo interlocutore che gli chiese: "Sono pochi coloro che si salvano?".
    Gesù rispose:"Molti cercheranno di entravi, ma non vi riusciranno".
    Gesù comanda a quanti hanno raggiunto, come noi cristiani, la salvezza, di non arrogarsi la pretesa di avere in mano le chiavi del Regno e di essere i padroni della porta della salvezza.
    Chi è stato visitato dal Messia e vi ha aderito con tutte le sue forze, non ha raggiunto lo scopo, ha solo conosciuto e ricevuto quello che tutti hanno il diritto di conoscere e di possedere.
    Pertanto la nostra salvezza, la nostra patente per poter passare attraverso la porta stretta, la riceveremo se avremo a nostra volta fatto scuola guida ai chi quella patente di salvezza non ce l'ha.
    Fuori metafora: chi è arrivato a Gesù, Gesù deve far arrivare.
    Se questo salutare contagio avvenisse anche ai nostri giorni, dovremmo assistere al fenomeno che ci fu all'inizio dell'era apostolica.
    Salito Gesù in cielo, gli apostoli si strinsero con Maria nel Cenacolo. Ricevuto il dono dello Spirito Santo, uscirono allo scoperto e cominciarono a predicare il Gesù, morto e risorto per tutti, e fecero vedere che tra loro erano come "un cuore solo e un' anima sola".
    Davanti a quella vista, dicono le scritture, tutti si chiedevano " perché", e molti si facevano battezzare, diventando a loro volta missionari nei loro paesi, anche lontani. In poco tempo quel salutare contagio arrivò fino agli estremi confini dell'impero romano e fino alle Indie.
    Ecco cosa ci chiede oggi Gesù nel vangelo: possederlo non da egoisti, dicendo "noi ci salveremo perché lo possediamo", ma possederlo per donarlo a piene mani, con l'esempio e con la parola.
    Più lo faremo conoscere, più la porta stretta si farà grande e più Gesù sarà felice di dirci: "Ti conosco. Entra".
  3. Chi conosce il vangelo di Gesù, conosce Gesù in persona e conosce anche che cos'è bene e che cos'è male. Rileggete per conto vostro la stupenda pagina tratta dalla lettera agli ebrei.
    E' di una attualità sconcertante, ma per assurdo.
    Infatti, mentre leggiamo nella lettera queste parole:"Il Signore corregge colui che egli ama", succede che la parola "correzione" oggi è diventata parola sospetta, quasi proibita.
    I genitori hanno ancora il coraggio di correggere i figli?
    I genitori accettano che, qualche altro, magari i nonni, i maestri, i professori, i sacerdoti, i catechisti, gli animatori, la gente comune muovano rimprovero ai loro figli se discoli?
    Non corre forse troppo sovente questa frase: "... mio figlio no! mio figlio non è colpevole", magari andando contro l'evidenza?
    La correzione giusta non è un vituperio, ma un dono.
    Si sa, è difficilissimo correggere con e per amore, ma la correzione fraterna è un comandamento evangelico.

Il Parroco: don Rinaldo Sommacal