Omelie

Omelia di domenica 15 ottobre 2006

PER ANNO XXVIII - ANNO B - 2006

  1. Il brano di Sapienza inizia così: "Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza".
    Viene qui indicato il dono da preferire sopra tutti gli altri e il mezzo con cui chiederlo ed ottenerlo.
    In un mondo portato a idolatrare la tecnologia, il mezzo che la Chiesa, la fede cristiana, ma anche moltissime altre fedi indicano, è la preghiera insistente: "Pregai, implorai e mi fu elargita...".
    Questa affermazione va forse contro il progresso scientifico? Tutt'altro! Cos'è la tecnologia, cos'è il pregresso industriale se non un prodotto dell'intelligenza umana? E cos'è l'intelligenza umana, che il brano citato chiama "sapienza", se non il primo dono che ci viene da Dio, sorretto e guidato dalla prudenza?
    Padre Roberto Busa, nostro concittadino tuttora vivente, pioniere dell'informatica, chiama i computer i "nipotini di Dio".
    Da chi, infatti, deriva l'intelligenza umana e da chi è alimentata con i doni della sapienza se non da Dio?
  2. Prima di idolatrare il frutto, con il rischio di perdere per strada la memoria delle radici, diamo alla pianta ciò che le è dovuto e chiediamole che continui a produrre i suoi frutti.
    C'è nell'uomo "moderno" il rischio di commettere il madornale errore del ragno della favola.
    Un ragno gigante decise di piazzare la sua ragnatela.
    Scelse la stanza, piantò in alto il filo maestro e, scendendo, cominciò a tessere tela su tela.
    Ne risultò un capolavoro.
    Compiaciuto, il ragno ammirò la ragnatela e pensò ai suoi lauti pranzi di mosche.
    Guardando in alto, vide un filo lunghissimo che si perdeva lassù.
    Pensa e ripensa. Lo smemorato si disse: "Quel filo non ha nulla a che fare con la mia superba tela".
    Risalì la sua opera, arrivò al filo e, "zach", lo recise.
    La tela cadde su se stessa, imprigionando lo stesso ragno.
    Dove l'errore?
    Aver dimenticato che era il filo che sosteneva tutta la tela.
    Così fa quell'uomo che, ricevuto da Dio il dono della vita, con tutta la sua intelligenza, usa l'intelligenza per vantarsi di poter fare tutto e bene da solo, ignorando o peggio negando di dipendere da qualcuno, men che meno da quello che gli ignoranti chiamano Dio.
  3. Invece l'uomo prudente e saggio non dimentica mai le sue origini.
    Inizia ogni giorno adorando il suo Dio, ringraziandolo per averlo creato e chiedendoGli lo spirito di sapienza, lo spirito del progresso, fino all'infinito, ma per le legittime strade da Lui tracciate.
    Colui che taglia il suo filo diretto con Dio, cessa di essere prudente, cade nella peggiore delle ignoranze e va verso il suicidio intellettuale, morale, anche sociale e politico.
    Qual è la prima sapienza dell'uomo, singolo o socialmente preso?
    Credere in Dio e pregarLo.
    La preghiera rinforza e mai taglia il rapporto vitale che unisce l'uomo a Dio, come il frutto, il ramo, il tronco alla sua radice.
    L'opera meravigliosa e silenziosa che Dio compie nel tenerci in vita si chiama "provvidenza". Riconoscerlo è saggezza.
    Chi prega, lubrifica il canale che trasmette all'uomo la sapienza divina. Chi prega non sarà mai intaccato dalla ruggine dell'incredulità, si illuminerà sempre più e si avvicinerà con l'ardore della sua sete di sapere alla fonte che è Dio.
    Le più belle preghiere dovrebbero farle gli scienziati che, toccando il meraviglioso laboratorio del creato, hanno accesso alla sapienza di Colui che lo ha messo nelle mani dell'uomo, perché lo conosca, lo governi con saggezza e prudenza, senza stravolgerlo.
    L'intelligenza imprudente può tentare il ricercatore di manipolare le provvidenziali leggi naturali poste da Dio nel creato.
    Benedetto lo scienziato che, con prudenza, fa il discepolo del divin maestro. Sciagurato lo scienziato che, come il ragno della favola, imprudentemente volesse tagliare il cordone ombelicale che lo unisce vitalmente a Dio. L'inquinamento scientifico sarebbe il peggiore degli inquinamenti.

Il parroco: don Rinaldo Sommacal