Omelie

Omelia di don Attilio del 2 aprile 2017 - Quaresima V (Anno A)

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È a Betania, il piccolo paese che sorge sul monte degli ulivi, che Gesù volentieri si rifugia, in casa di questi tre suoi coetanei, Lazzaro, Marta e Maria, per ritrovare un po' del clima famigliare di casa. Per fuggire dalla Gerusalemme che uccide i profeti.

Che bello pensare che anche il Signore ha bisogno di una famiglia. Che bello fare della nostra vita una piccola Betania! E in questo contesto che avviene il dramma: Lazzaro si ammala e muore, e Gesù non c'è. Come succede anche a noi, a volte, e davanti alla malattia e alla morte di una persona che amiamo, scopriamo che Gesù è distante.

La resurrezione di Lazzaro è posta poco prima della Passione di Gesù. È l'ultimo e il più clamoroso dei segni, quello che determina la decisione, da parte del Sinedrio, della pericolosità di Gesù e la necessità di un suo immediato arresto, senza indugiare ulteriormente. Come se Giovanni volesse dirci che la vita di Lazzaro determina la morte di Gesù.

La vicenda di Lazzaro, allora, è la vicenda di ognuno di noi. Gesù ci disseta. Gesù ci dona luce. Gesù dona la sua vita per me.

Quando Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, abituate ad accogliere il Signore nella loro casa a Betania, sanno della presenza di Gesù, escono di casa, disperate e  si affidano a Lui. Il racconto è un crescendo di emozioni, di testimonianze di fede delle sorelle, ma anche di sconforto e pena. Quando Gesù vede la disperazione delle sorelle e della folla, resta turbato e piange. Come se, fino ad allora, non avesse visto fino in fondo quanto dolore provoca la morte. Come se fino ad allora Dio non avesse ancora capito quanto male ci fa la morte, quanto sconforto porta con sé il lutto. Come se Dio non sapesse. Come se Dio imparasse cos'è il dolore.

Dio piange, davvero. E quel pianto ci lascia interdetti. Quel pianto ci sconcerta, ci scuote, ci smuove. Dio, ora, sa cos'è il dolore. Fra poche ore andrà fino in fondo, portando su di sé tutto il dolore del mondo. Dio e il dolore si incontrano. Non è bastato che Dio diventasse uomo per condividere con noi la vita. Ha voluto  soffrire, per redimere ogni pena.

Il discorso della speranza cristiana, dunque, non è soltanto un rimando alla verifica ultima di questa grande speranza della nostra resurrezione che c’è e ci sarà, perché anche il nostro corpo addormentato si risveglierà, ma già adesso la morte è stata vinta. La morte e la vita (come diremo la notte di Pasqua) hanno combattuto un duello mirabile, non soltanto nel Cristo, ma in coloro che sono le sue membra. Essendo unite a Cristo già sono risorte con Lui, sono in una vita che non può cessare. 

Ecco il grande significato di questo racconto evangelico: la nostra vita, quella che ora stiamo vivendo, è già la vita divina e quindi non ci sarà tolta ma semplicemente si addormenterà, tanto è vero che basterà una voce, un grido, per ridestarla.

Vivere da risorti, perché inseriti in Cristo attraverso il nostro battesimo, significa vivere guardando il mondo, le persone, le cose, con lo sguardo di Gesù: uno sguardo che ci permette di leggere dentro la vita oltre ciò che possiamo cogliere con il nostro limitato sguardo.  

don Attilio Zanderigo