Omelie

Omelia del 23 novembre 2014 - Cristo Re (Anno A)

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Un altro anno di grazia è volato via. E’ un pulviscolo in confronto ai millenni e millenni di secoli che ci stanno alle spalle, se è vero, come è vero, che la creazione, comunque sia avvenuta, ebbe inizio nella misteriosa e mirabile profondità dei tempi. Tempi che neppure la scienza più avanzata riesce a quantificare con le straordinarie misure in suo possesso.

Noi, pur consapevoli di essere un pulviscolo nello spazio, siamo qui, però, con la certezza di essere un valore di prima grandezza. Ricordiamolo!

La nostra esistenza, nel contesto del macrocosmo, é un essere quasi invisibile. Eppure ha un valore unico e immortale, poiché nulla si distrugge di ciò che siamo, sia usato bene o male. Anche gli atomi, le cellule sono esseri quasi invisibili, eppure sono mattoni determinanti nel piano della creazione e della evoluzione. La persona umana, ogni persona umana, pur avendo bisogno di tutto è a sua volta un tutto. Come il più grande sistema stellare è una lode al suo Creatore, così ognuno di noi quasi invisibili.

Perché questa strana premessa? Perché la nostra religione, che ha un’anima divina ed una visione preziosissima della storia, vuole che ciascuno di noi, abbia da sostare e meditare su ciò che siamo e siamo stati, in particolare nell’ultimo anno di grazia, nel nostro caso durante l’anno liturgico 2013-2014 che termina oggi. Non siamo noi a valutarci ed a giudicarci, bensì Colui che è la perenne origine della nostra esistenza e, quindi, anche il nostro fine.  Noi lo chiamiamo con tenti nomi, alcuni rivelati da Lui stesso, altri coniati da noi, per interpretare chi è Lui per noi e chi dobbiamo essere noi per lui.

In questa domenica, l’ultima del nostro anno liturgico, Lui, il perenne Creatore di quanto esiste,  quindi il padrone, si fa chiamare con due nomi: pastore e giudice.

La verità che Dio sia per noi uomini, spesso sbandati, il pastore, pervade tutta la storia della salvezza. Quante volte Gesù, l’inviato da Dio, il Creatore e Padrone assoluto di tutto e di tutti, si fa chiamare ‘il Pastore’, ma  non prezzolato mercenario, interesse, pastore ‘buono’. Per dire che Dio è per noi, suo gregge, il pastore buono, fa dire dal profeta Ezechiele cose bellissime, commoventi, da dubitare che siano vere tanto sono grandi nel rapporto tra Dio pastore e noi sue pecorelle. Dio confessa a noi il suo modo di agire, istante per istante,  normalmente in modo invisibile, o per mezzo di suoi messaggeri: “Io vi cercherò,…vi radunerò,…vi passerò in rassegna,…vi condurrò al pascolo,… andrò in cerca della pecora perduta,… fascerò e curerò l’ammalata,… le pascerò con giustizia”. Per la nostra religione questo è il concetto di ‘RE’: non colui che si fa servire, ma colui che serve e serve a seconda dei bisogni fondamentali.

Gesù ci dice che è nella natura della libertà aspettarsi una valutazione e una sentenza infallibile e definitiva. Ci sarà un “Venite benedetti” e un “Via da me maledetti”. Motivo? “Voi dovevate fare gli uni gli altri ciò che io ho fatto a voi. Chi ama il prossimo, ama me. Voi, non io, state per scriverete  la vostra sentenza.

don Rinaldo Sommacal