Omelie

Omelia del 10 marzo 2013 - Domenica IV di Quaresima (Anno C)

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C’è una parola, dai contenuti formidabili, umanamente inesprimibili, che caratterizza la prima lettura e chiede di passare a rivisitare e lievitare, con il suo potere e la sua vitalità, ogni altra Parola di Dio ed ogni altro mistero, che riguardi la storia universale della salvezza. La Parola, che in sé contiene il quotidiano, ma ancor più il mistero che non conosce confini di tempo e di luogo, verso la quale stiamo camminando insieme, è ‘Pasqua’.

Dice il brano, preso dal libro di Giosuè, (il fedelissimo successore di Mosè): “Gli Israeliti, a Galgala, nelle steppe di Gerico, celebrarono la Pasqua al quattordici del mese. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra’ e la manna cessò”. Pasqua! cioè vita nuova. Furono gli israeliti, alla guida di Mosè, a sua volta guidato da Jawè, a far nascere questa Parola, dai contenuti che spaccano ogni contenitore.

Se per gli ebrei, Pasqua aveva soprattutto due valori, uno storico e l’altro religioso, cioè: il passaggio dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà della terra promessa; la liberazione dal culto delle divinità, costruite da mani d’uomo, alla adorazione dell’unico e vero Dio, il Dio di Abramo e dei successivi patriarchi;

Per Gesù, il nuovo Mosè, e per il suo successore, Pietro, unito al Collegio Apostolico e per noi, corpo di Cristo, ‘Pasqua’ comprende l’intero progetto che Dio aveva concepito, fin dall’eternità: quello di trarre dal nulla all’esistenza sia le schiere angeliche, sia gli astri del cielo, come le creature terresti, fino a quello che doveva essere la sua visibile immagine, cioè l’uomo.

Per capire il significato cristiano della parola Pasqua, ci vengono in aiuto sia l’apostolo Paolo che Gesù. Dice Paolo alla Comunità di Corinto: “Se uno è in Cristo, è nuova creatura”. Gesù, per mezzo della parabola del figliol prodigo e del padre misericordioso, ci dice: “Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita”.

Cosa ci insegnano queste due visioni della vita: di chi viene divinizzato e di chi risorge dal peccato, che Gesù paragona alla morte? Affermano una verità, che nel tempo ne invocò una seconda, ma che entrambe hanno come beneficiario l’uomo e come benefattore Dio. Verità realizzate per noi, gratuitamente, dal Figlio di Dio, il Verbo fatto carne.

Nel progetto originale di Dio (prima ancora che il Verbo dicesse: “Sia la luce”), attraverso l’Incarnazione del Figlio (decisa fin dall’eternità, prescindendo dal peccato originale), l’uomo e tutto il creato, avrebbero ricevuto in dono la Salvezza, cioè la divinizzazione.

Subita la terribile disobbedienza della stirpe umana in Adamo ed Eva, Dio non volle rinunciare al suo progetto. Come? Per ristabilire l’ordine della salvezza, Dio in persona si assunte il prezzo del peccato, da pagare con la sua passione e morte. Questo intervento di Dio in Cristo, si chiama ‘redenzione’, che ridona la salvezza, cioè la nostra divinizzazione. Silenziosamente meditiamo!

Saremo salvati se accetteremo di essere redenti!

Don Rinaldo Sommacal