Omelie

Omelia del 3 febbraio 2013 - Domenica IV Per Anno (C)

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Dato il tempo volutamente limitato e la pressione forte delle odierne letture, è difficile fare una scelta, sapendo di dover sacrificare il resto, ma così è necessario.

Propongo a me ed a voi una breve, certamente frettolosa, rilettura dell’inno, esploso dalla penna di Paolo, invaso e guidato direttamente da Dio, sulla virtù somma della carità, che lievita ogni altra virtù.

Per non cadere in un equivoco, a noi, abbastanza secolarizzati, così da dare alla Parola di Dio un significato riduttivo o fuorviante, subito dico che al posto di ‘carità’, userò la parola ‘amore’ e non tanto l’amore parziale, ma quello globale che coinvolge spirito, anima e corpo, che deve diventare femminile nella donna e virile nel maschio. Deve essere presente da protagonista in tutte le scelte di vita, in tutte le molteplici attività e vocazioni.

Dice l’Apostolo che, per il nostro presente, fatto di relazioni interpersonali, con noi stessi, con gli altri e con Dio, sono assolutamente necessarie le due virtù teologali della fede e della speranza, mulini che macinano la più splendida e visibile virtù della càritas, cioè l’amore.

Chi, liberamente o per scelta, non crede o non vuol credere, taglia l’ala che ci fa volare verso l’eternità, cioè la fede. Il ‘credo in Dio’ ci porta a Dio e porta Dio in noi. Si accende, così, quel dialogo tra noi e Dio, dialogo che si manifesta in mille modi, e, da ultimo, per mezzo di Gesù.

La fede in questa vita è assolutamente necessaria, se vogliamo conoscere chi siamo, da chi veniamo, dove dobbiamo andare, con scelte libere, ma giuste.

Per rivelazione sappiamo che Dio si fa conoscere a tutti, per cui tutti riceviamo il dono della fede, cioè di credere in Dio e in tutte le verità rivelate da Dio, in Cristo. La fede vera, anche se faticosa, spesso sofferta, fa nascere e crescere sempre più adulta e necessaria per volare, la seconda ala, cioè la virtù della speranza. La fede genera la speranza e la speranza testimonia la vera fede.

Possiedi una Speranza forte, gioiosa, capace di attraversare i vari Mar Rosso del difficile presente? Buon segno: significa che hai la fede ed è vincente. Ma il cuore di questo corpo le cui ali sono la fede e la speranza, è l’amore.

L’Apostolo, ispirato da quel Dio che, quando ha voluto definirsi con una sola parola, disse di chiamarsi ‘Amore’, ha sintetizzato con una carrellata di note quella strabiliante sinfonia dell’amore verso Dio, verso il prossimo e verso noi stressi, cioè i vari momenti in cui l’amore diventa concretamente l’anima del pensare, del sentire, del dire, del fare, del dare, del ricevere… 

L’amore vero è una inesauribile sorgente d’acqua che zampilla per la vita presente e per la vita eterna. Entriamo in quest’acqua sorgiva che disseta, lava, risana, rigenera dalle ferite, a volte mortali, prodotte dall’egoismo che genera ogni sorta di malattie. Enumeriamo le proprietà salutari dell’acqua dell’amore: l’amore è magnanimo, benevolo; non si gonfia d’orgoglio, non si vanta, non manca di rispetto, non si adira…tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, non avrà mai fine…

Per casa un compito: rileggere questo comizio.

Don Rinaldo Sommacal