Omelie
Omelia del 10 aprile 2011 - Quaresima V
QUARESIMA V - ANNO A - 2011
Dalle viscere di questa V domenica di quaresima esplodono due forti messaggi di risurrezione. Ne abbiamo bisogno!
Il primo ci viene direttamente da Dio, mediante il profeta Ezechiele.
Il Signore si rivolge a noi e ci dice: "Io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe".
Gesù in persona, fatta togliere la pietra del sepolcro, disse: "Lazzaro, vieni fuori!". Lazzaro ritornò alla vita.
Una promessa di risurrezione ed una profetica risurrezione.
Mentre Ezechiele si riferisce soprattutto alla necessità di vincere la tentazione dello scoraggiamento esistenziale imperante, la risurrezione di Lazzaro è il solenne annuncio della risurrezione finale dell'intera umanità, attraverso la risurrezione di Cristo, dopo di aver, come tutti, conosciuto e condiviso la vera morte corporale.
- C'è bisogno di una risurrezione, anche temporale, da una certa morte che può colpire persone, famiglie, comunità, culture, economie, politiche...?
Sì, il bisogno c'è, è urgente ed è davanti agli occhi di tutti.
Abbiamo bisogno di uno scossone che ci porti ad uscire dalla tomba del pessimismo, causato da un insieme di piccoli e grandi eventi, che sembrano essere superiori alle nostre forze in campo.
Chi ci può dare questo scossone, inizio di risurrezione?
Non c'è dubbio che, nella gerarchia delle responsabilità, il primato spetta a Dio.
Ma Dio interviene sulla storia attraverso di noi, chiamati a fare la storia con Lui. I mezzi ci sono, ma mal distribuiti e male usati.
Il primo messaggio, che Dio rivolge a noi oggi, è l'eterno richiamo all'unità e non alla divisione. Il principio della nostra unità è la fede nell'unico Dio che, come condizione per una risurrezione, chiede a noi tutti: "Riconoscete che io sono il Signore".
Quando, tutti, avremo riconosciuto il primato di Dio, faremo cadere la pietra del sepolcro; viceversa fabbricheremo cimiteri.
Quando tutti gli uomini crederanno veramente di essere figli dello stesso Dio, solo allora agiranno tra loro da fratelli.
Allora scorrerà entro le vene della nuova umanità la civiltà della condivisione e non della divisione, che genera inimicizie, guerre, morte, tombe.
Siamo protagonisti di un periodo tra i più difficili, drammatici, incomprensibili dell'era moderna. Per di più siamo botte vecchia con vino nuovo. Se non prevale, in questo frangente, lo spirito di unità e di totale corresponsabilità, si corre il rischio di naufragare tutti insieme. Quando la storia interpella, non è la faziosità che deve governare, ma la assoluta creatività di tutti i talenti in campo: progetti, mezzi, istituzioni, amministrazioni, politiche, religioni...
Noi cristiani dobbiamo immettere, nelle vene dell'umanità, i doni di cui siamo ricchi per cultura e per grazia, per contribuire ad uscire da questa emergenza. Collaboreremo nel realizzare la promessa del nostro Dio che torna a dirci: "Vi faccio uscire dalle vostre tombe". - Gesù, (non secondo a nessuno nel liberare qui ed ora dall'ombra di morte quanti vivono prigionieri del male esistenziale), con la risurrezione di Lazzaro ci invia un messaggio ancor più alto.
Con la risurrezione dell'amico Lazzaro, Gesù si propone due scopi:- aiutarci a rileggere tutte le profezie che lo precedettero, come capitoli più o meno chiari che dovevano portare noi uomini, timorati di Dio, a maturare la fede nella risurrezione dei morti;
- preparare i suoi discepoli a credere nella risurrezione, ponendo la sua risurrezione a pietra angolare di tutta la fede cristiana, ed annunciando che tutti, in Lui morto e risorto, passeremo da morte a vita nuova. E' uno dei tanti significati che possiamo attribuire all'evento della risurrezione di Lazzaro.
Le sorelle come annunciano la malattia di Lazzaro a Gesù?
Gli mandano a dire: "Colui che tu ami è malato". E' vero:
Gesù ci ama, uno ad uno. Ci ama fino a morire con noi, ma per vincere la morte e unirci alla sua risurrezione.
Ci domanda: "Credi tu questo?". Con Marta proclamiamo, con passione: "Si, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo".
"Molti credettero in lui".
Il parroco: don Rinaldo Sommacal