Omelie

Omelia del 26 settembre 2010 - Per Anno XXVI

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PER ANNO XXVI - ANNO C - 2010

Risuona forte l'allarme del cattivo uso del benessere economico, sia da parte di Gesù, che ci parla attraverso la parabola di Epulone, il ricco che vive gozzovigliando, mentre Lazzaro deve contendere ai compassionevoli cani le briciole che cadono dalla sua mensa, sia da parte del profeta Amos che stigmatizza il comportamento degli spensierati gaudenti in tempi di benessere e di relativa pace.

  1. Amos avverte che la spensieratezza, suscitata in alcuni dal benessere, per lo più ereditato senza fatica, è un falso paradiso.
    Vivere senza pensieri è esattamente l'inversione di marcia del progresso, se inteso come una perenne faticosa conquista della conoscenza, macinando sempre pensieri.
    La spensieratezza è paragonabile a chi risale in barca un fiume, alla ricerca delle sorgenti. Per progredire non si deve mai smettere di remare. Se, ammaliati dalla bellezza delle sponde, dai frutti del luogo, accumulati da chi ci ha preceduti, tiriamo i remi in barca, anziché progredire, regrediamo velocemente.
    Esito? Una sonora sconfitta circa lo scopo proposto.
    Non sa, forse, di attualità questo antico monito del profeta Amos?
    Non stiamo noi, culturalmente, moralmente, economicamente, politicamente parlando, regredendo, dopo anni in cui si gridò al miracolo economico, frutto di un miracolo ben più grande che fu la vigorosa voglia di risorgere dopo il disastroso conflitto della seconda guerra mondiale, facendo lavorare la testa e le braccia, varcando innumerevoli frontiere geografiche e culturali, moralizzando le istituzioni... Ma ben presto nacque anche un ambiguo atteggiamento. Si dissero i reduci dai tempi duri: "Non vogliamo che i nostri figli patiscano quello che abbiamo patito noi". Se molti giovani fecero il salto di qualità e passarono, con la gioia dei loro genitori, dalla vanga ai libri, con brillanti risultati, alcuni, troppo viziati, hanno preferito gozzovigliare sul sudore dei padri e divennero gli apripista dei peggiori vizi che, con una velocità fantastica, hanno inquinato il mondo giovanile e non solo.
    Molte delle crisi globali, entro cui oggi si dibatte il mondo intero, hanno le loro radici nel rilassamento dei costumi e delle culture, per cui, pur di far soldi e di godere, si sono create verità soggettive e leggi di comodo fondate sulla filosofia del relativismo.
    I frutti disastrosi stanno davanti gli occhi di tutti.
    Questo modo di gestire le ricchezze ha parte rilevante anche nell'indurre i popoli del terzo e quarto mondo ad emigrare verso i paesi che detengono il benessere economico, con tutti i terribili problemi annessi e connessi che ben conosciamo.
  2. Amos, e con lui tutto l'Antico Testamento, insiste nell'elencare i mali che ci facciamo, qui e ora, con il degrado morale.
    Gesù, invece, che è venuto a rivelare la risurrezione dei morti, ci parla del giudizio finale che comporta premio o castigo eterni.
    Il ricco, che, con egoismo, in terra si era ritagliato un angolo di paradiso, escludendo il povero, nell'al di là si trovò in estrema miseria. Resosi conto del madornale errore di valutazione morale, chiese un miracolo in favore dei fratelli che stavano commettendo lo stesso errore: che Lazzaro, proprio il povero, la sua vittima, potesse andare dai fratelli per dir loro che cambiassero vita e condividessero i loro beni con i bisognosi. La risposta di Gesù è inesorabilmente realista: "Certa gente non si convertirebbe neppure se vedesse uno risorgere dai morti".
  3. Ed ecco, infine, la terapia a questi mali che il grande Paolo propone al suo discepolo e vescovo Timoteo ed a noi. E'un vero programma di vita, fondato su alcune virtù che, prima di essere individuali e personali, sono fortemente sociali. Vediamole.
    Dice Paolo a Timoteo: "Tu uomo di Dio:
    tendi alla giustizia, cioè fa che ognuno riceva, ma anche dia ciò che è oggettivamente giusto ed equo;
    tendi alla pietà, cioè sappi con saggezza e delicatezza vedere quello che il singolo, condizionato da qualche handicap, non può dare;
    tendi alla fede, poiché senza Dio l'uomo diventa un enigma;
    tendi alla carità, perché la perfezione cresce solo se c'è amore;
    tendi alla pazienza, perché ogni persona ha i suoi limiti;
    tendi alla mitezza, poiché anche tu hai bisogno di una carezza.
    L'Apostolo anche a noi dice: "Combattete la buona battaglia".

Il parroco: don Rinaldo Sommacal