Omelie

Omelia del 15 marzo 2009 - Quaresima III

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QUARESIMA III - ANNO B - 2009

"Pars magna" della liturgia della Parola odierna è data dai dieci comandamenti. Fu Dio a dettarli a Mosè.
Ma, prima di proclamarli, perché diventassero le strade da percorrere da ogni essere umano per tornare a Lui, Dio solennemente volle presentarsi quale legittimo legislatore.
Il suo vero interlocutore sarà ogni uomo che verrà la luce.
Di se stesso Dio ad ogni uomo dice:"Io sono il Signore Dio tuo".
Ed aggiunge con autorità:"Non avrai altri dei di fronte a me".
Il che significa che il Dio di Mosè, il Dio di Gesù Cristo, il nostro Dio è l'unico vero Dio; dichiara false tutte le altre divinità.
Tutto l'uomo può dire di se stesso, ma non potrà mai dire: "io mi sono dato l'esistenza, io sono il padrone assoluto di me stesso, quindi io posso fare ciò che voglio, perché io sono dio".
Il vertice del pensare umano non deve essere investito per fare di se stesso una divinità, ma per scoprire con stupore chi è il suo unico Creatore e Signore, per adorarlo, amarlo, obbedirlo.
Il primo dei dieci comandamenti è una solenne rivelazione di Dio nei nostri confronti. Quel "Io sono il Signore tuo Dio" ci dice che Egli e non altri è l'Unico, il Creatore del cielo e della terra, quindi il Signore, il Padrone della nostra esistenza, della nostra vita, della nostra storia, del nostro destino. Questa verità di fondo deve diventare la pietra d'angolo del nostro pensare, del nostro progettare, del nostro agire, individuale, familiare, comunitario, sociale e indirettamente anche politico. Altrove il Dio dei dieci comandamenti ci dirà: "Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo". Perché tanta insistenza? Perché il negarlo è l'inizio della catastrofe. Perché la tentazione che più di ogni altra serpeggia nella nostra quotidianità è quella di non voler padroni, di fare ciò che vogliamo, di autogiustificarci sempre, di non essere giudicati da nessuno, di poter giudicare gli altri, di aver sempre ragione, di essere "dio". Presunzione che si tradurrà in frustrazione.
E' stata la tentazione vincente, proposta dal serpente ai nostri progenitori: non volere Dio, sostituirsi a Dio, diventare come Dio. Questa tentazione trova sempre buoni maestri e assetati discepoli. Appena c'è qualche pensatore, a volte qualche scienziato, che, con ragionamenti, facili da capire e ricchi di opportunismo, diventano predicatori di ateismo o di scetticismo, la scolaresca si infittisce. Oggi i libri e gli spettacoli che scherniscono la fede cristiana, deridono la Chiesa, seminano dubbi sull'esistenza di Dio, descrivono la religione e la morale oggettiva come oscurantismo..., hanno successo anche tra i cristiani dalla fede superficiale e dalla cultura cattolica quasi nulla. Se l'esistenza dell'unico Dio venisse accettata come fondamento della legge morale di ogni uomo, fonte di ogni altra legislazione e di ogni carta costituzionale, allora le "dieci parole" diventerebbero la sorgente di civiltà dei popoli e tra i popoli. Tutti si sentirebbero un'unica famiglia. La vita dell'uomo avrebbe per tutti lo stesso valore che, dopo Dio, sarebbe in assoluto il valore numero uno. Non la fede universale è la causa dei mali che inquinano il mondo, ma la mancanza di fede nell'unico vero Dio che si dichiara amante dell'uomo e che vorrebbe l'umanità così nobile e grande da essere degna di presentarsi al suo Dio come la sua promessa sposa. Ecco il vero significato dei comandamenti: strade infallibili da percorrere per risalire, tutti insieme a quel Dio e Padre da cui, per sua immensa bontà, siamo discesi e divinizzati.
Il vangelo, che ci presenta un Gesù decisamente arrabbiato e contestatore del modi di vivere la religiosità nel tempio, il luogo che deve essere l'esempio della spiritualità, depositario della legge, fonte della moralità delle persone e delle istituzioni, ci deve fare riflettere.
Dov'è andata la nostra domenica, il giorno in cui tutti i cristiani dovrebbero ritrovarsi insieme, per diventare il vero tempio di Dio, il nuovo corpo di Cristo che, risorto, si è donato a noi, perché Gli dessimo visibilità e lo donassimo al mondo? Troppi sono i posti vuoti di chi, invitato al banchetto da Dio, per mezzo della Chiesa, si giustifica dicendo: "Ho altro da fare!".
E noi, i fedelissimi al comando: "ricordati di santificare le feste", come ci troviamo di fronte al forte richiamo di Gesù? Che le nostre domeniche siano da noi amate, difese, santificate!

Il parroco: don Rinaldo Sommacal