Omelie
Omelia del 2 novembre 2008 - Commemorazione dei defunti
COMMEMORAZIONE DI TUTTI I DEFUNTI - ANNO A - 2008
Due novembre. La domenica viene a scontrasi con il giorno sacro alla memoria dei nostri cari defunti. La Commemorazione di Tutti i Defunti la vince sulla XXXI domenica per anno.
- Ma non è una pura vittoria del sentimentalismo.
Certo, il due di novembre in molte case, nell'intimo di tante persone, fa esplodere il tumulto dei sentimenti, legati al ricordo delle nostre persone care che ci hanno amato, abbiamo amato e, con dolore grande abbiamo visto morire.
La liturgia di questa giornata non ignora la passione del cuore di molti, forse di tutti noi; ci aiuta anzi a ricordare chi ci ha generato, chi ci è stato consanguineo, amico, addirittura a chi abbiamo dato la vita, chi abbiamo amato al punto che ci sembrava impossibile sopravvivere senza.
Sì, la liturgia ci invita a sostare davanti alle tombe dei nostri cari.
Non ci rimprovera se ci lasciamo andare al dolore, fino a irrigare di lacrime il camposanto dove riposano quei corpi che sono stati nobilitati dal battesimo, si sono nutriti del corpo di Cristo e sono stati benedetti ed incensati dal loro parroco dopo che hanno cessato di ospitare l'anima immortale, nel rito funebre. - Ma lo scopo ultimo della liturgia del due di novembre va ben oltre. Per mezzo di Cristo, crocifisso, morto e risorto, non perde nulla di ciò che è stato vissuto su questa terra e lo fa diventare grano di prima qualità per la rinascita in quella vita che Apocalisse chiama "cieli nuovi e nuova terra", facendo intendere che, oltre la morte, tutto sarà nuovo e la novità non verrà mai meno.
- Giobbe è la personificazione del grido di tutta l'umanità vera, che non si rassegna davanti alla morte. Lancia un grido di sfida che oltrepassa le colonne d'Ercole del tempo e penetra quell'al di là dal quale siamo venuti e che è ripieno di Colui che fu, che è e che sarà, il Vivente. Grida Giobbe dal suo letto di dolore:"Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere. Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne vedrò Dio, io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno!".
- E' il grido di chi, come Giobbe, ha il dono della fede, un dono che non viene scalfito neppure dal peggiore dei dolori, dei quali non sa darsi una umana spiegazione.
- Ma è anche il grido di ogni persona di buona volontà che, pur trafitta da dubbi, da fragilità morali, da cadute anche miserabili nel peccato, ha conservato la voce della coscienza che gli dice: "Dio c'è e Dio di attende, perché Dio ti vuol bene, sempre ed è disposto a lavare la tua vesta immonda nel suo sangue versato sulla croce per tutti, anche per te se tu lo invochi".
- Se ci ritroviamo un po' tutti con Giobbe, noi cristiani dovremmo, però, essere ancor più con Gesù Cristo che, per mezzo dell'apostolo Paolo ci dice:"... l'amore di Dio è stato riversato nei vostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che vi è stato dato".
Noi, essendo immedesimati a Gesù per mezzo dello Spirito Santo, possiamo seguire Gesù che, pagato con la morte fisica il debito del peccato, vinse la morte essendo Dio e volle che tutti noi fossimo con lui, dove Egli è, cioè nella casa di Dio Padre, vittoriosi sulla morte. - Ma proprio tutti?
Per Dio sì. La volontà di Dio è uscita chiarissima dalla bocca di colui che disse: "Io sono la verità".
Quale è la volontà del Dio di Gesù Cristo e di Gesù Cristo il figlio di Dio, che dal nulla ci ha creati ed in lui continuiamo a sussistere?
Dice Gesù:"Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò, perché sono disceso dal cielo non par fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno".
Siamo noi, sono io singola persona quel "ciò" che il Padre ha dato a Gesù. Se quel "ciò" siamo noi, sicuramente non saremo tra i perduti. Siamo tra i chiamati a vita eterna, attraverso la risurrezione.
Che aspettiamo per cantare con il salmista:
"Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore ed ammirare il suo santuario?".
Solo se uno diabolicamente vuole, può perdersi.
Il parroco: don Rinaldo Sommacal